Dichiarazione di Consensus Internazionale della Federazione Mondiale dell’ADHD

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© 2020 Pubblicato da Elsevier.

link originale: https://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S014976342100049X#bib1120

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Si ringraziano per la traduzione i collaboratori dell’Associazione Italiana Famiglie ADHD Onlus: Alberto Anedda Neuropsichiatra Infantile – Psicoterapeuta Centro Lucio Bini Cagliari, Paolo Di Pasqua Caposala Pronto Soccorso Norfolk and Norwich University Hospital UKLetizia Freschi Laurea Magistrale in Relazioni Internazionali – Università degli Studi Roma 3, Chiara Gori Neurologo UO Riabilitazione Specialistica Casa di Cura Ambrosiana-Cesano Boscone (MI), Anna Maria Sbordone Specializzanda in Pediatria – Università Cattolica del Sacro Cuore – Roma, Luca Sbordone Dottorato (PhD) in linguistica alla University of Cambridge, Laurea triennale e magistrale in filosofia all’Università di Pisa, Diploma quinquennale in filosofia alla Scuola Normale Superiore di Pisa, Patrizia Stacconi Presidente AIFA Onlus.

Si ringrazia, in modo particolare per la revisione del documento, Samuele Cortese Professor of Child and Adolescent Psychiatry, University of Southampton, UK. Honorary Consultant Child and Adolescent Psychiatrist, Solent NHS Trust, U.

 


Dichiarazione di Consensus Internazionale della Federazione Mondiale dell’ADHD:
208 conclusioni sul disturbo basate sull’evidenza.

Punti Salienti

  • L’ADHD si verifica nel 5,9% dei giovani e nel 2,5% degli adulti.
  • La maggior parte dei casi di ADHD sono causati dagli effetti combinati di molti rischi genetici e ambientali.
  • Ci sono piccole differenze nel cervello tra le persone con e senza ADHD.
  • L’ADHD non trattato può portare a molti esiti negativi.
  • L’ADHD costa alla società centinaia di miliardi di dollari ogni anno, in tutto il mondo.

Abstract

Sfondo: idee sbagliate sull’ADHD stigmatizzano le persone colpite, sminuiscono la credibilità dei professionisti che se ne occupano, impediscono/ritardano il trattamento. Per sfidare le idee sbagliate, abbiamo curato i risultati con una solida base di evidenze.

Metodi: abbiamo esaminato studi con più di 2.000 partecipanti o meta-analisi di cinque o più studi o 2.000 o più partecipanti. Abbiamo escluso meta analisi che non valutavano bias di pubblicazione [1], ad eccezione delle meta-analyses of prevalence. Per le meta-analisi a rete abbiamo richiesto funnel plots [2] regolati per il confronto. Abbiamo escluso studi di trattamento con lista d’attesa o trattamento come i controlli abituali (persone sane). Da questa letteratura, abbiamo estratto affermazioni basate sull’evidenza sul disturbo.

Risultati: abbiamo generato 208 affermazioni empiricamente supportate sull’ADHD. Lo stato delle dichiarazioni incluse come supportato empiricamente è approvato da 79 autori di 27 paesi e 6 continenti. I contenuti del manoscritto sono approvati da 362 persone che hanno letto questo documento e ne concordano il contenuto.

Conclusioni: molti risultati nell’ADHD sono supportati da meta-analisi [3]Questi consentono affermazioni ferme sulla natura, il corso, le cause dei risultati e i trattamenti per i disturbi che sono utili per ridurre idee sbagliate e stigma.

Parole chiave

ADHD; diagnosi; trattamento; decorso; esito; genetica; cervello.

 


1. Introduzione

Quasi due decenni fa, un team internazionale di scienziati ha pubblicato la prima Dichiarazione di Consensus Internazionale sul disturbo da deficit di attenzione e iperattività (ADHD) (Barkley, 2002). Hanno cercato di presentare una ricchezza di dati scientifici che attestano la validità dell’ADHD come disturbo mentale e di correggere idee sbagliate sul disturbo che stigmatizzavano le persone che ne sono affette, riduceva la credibilità degli operatori sanitari e impediva o ritardava il trattamento degli individui messi alla prova dal disturbo (DosReis et al., 2010Horton-Salway, 2013McLeod et al., 2007Mueller et al., 2012).

Questo documento aggiorna la “Dichiarazione di Consensus Internazionale” catalogando importanti scoperte scientifiche degli ultimi 20 anni. Non intendiamo presentare un’enciclopedia dell’ADHD o linee guida per la diagnosi e il trattamento. Quest’ultimo può essere trovato nei riferimenti citati. Il nostro scopo è fornire informazioni aggiornate e accurate sull’ADHD supportate da una quantità di prove solide e rigorose.

 

2. Metodi

Abbiamo identificato affermazioni basate sulle evidenze scientifiche sull’ADHD attraverso l’esame accurato di meta-analisi di alta qualità pubblicate e studi molto ampi. Il controllo degli esperti è stato fornito da un comitato direttivo del progetto (Tabella supplementare 1) che includeva rappresentanti dei seguenti gruppi professionali dedicati alla ricerca e alla cura clinica dell’ADHD: la “World Federation of ADHD”, l’“EUropean NETwork for Hyperkinetic DIsorderS (Eunethydis)”, l’“American Professional Society of ADHD and Related Disorders”, la “Canadian ADHD Resource Alliance”, l’“Asian Federation of ADHD”, la “Latin American League of ADHD”, l’“Australian ADHD Professionals Association”, l’“Israeli Society of ADHD”, la “Saudi ADHD Society”, “Neurodevelopmental Disorders Across Lifespan” sezione dell’“European Psychiatric Association (EPA)”, l’“ADHD Guidelines Group of the Association of Medical Scientific Societies in Germany”, l’“ADHD Network of European College of Neuropsychopharmacology”, la “Chinese Society of Child and Adolescent Psychiatry” e la sezione ADHD della “ World Psychiatric Association”.

Per studi di coorte [4] di grandi dimensioni, abbiamo utilizzato PubMed utilizzando questi criteri di ricerca: ADHD [tiab] AND (su tutto il territorio) [tiab] OR national [tiab] OR register [tiab] OR registry [tiab]) NOT review [Publication Type] NOT meta-analysis [Publication Type]. Per le meta-analisi abbiamo cercato in PubMed con questi criteri di ricerca: ADHD [All Fields] AND (meta-analysis [Title] OR meta-analysis [Title] OR meta-analytic [Title] OR systematic review [Title]). Sono state escluse meta-analisi che non valutavano bias di pubblicazione, ad eccezione delle meta-analisi di prevalenza. Per le meta-analisi a rete abbiamo richiesto la presentazione di “funnel plots” adattati per il confronto. Per gli studi sul trattamento, abbiamo escluso i risultati delle meta-analisi comprensive dei dati riguardanti i confronti dei trattamenti in lista d’attesa e trattamenti come controlli abituali.

Oltre alle dichiarazioni sulla storia dell’ADHD e dei relativi criteri diagnostici, abbiamo richiesto che ogni affermazione basata sull’evidenza fosse supportata da meta-analisi o da ampi studi di registro con più di 2.000 partecipanti. Abbiamo richiesto meta-analisi per riportare i dati di cinque o più studi o 2.000 o più partecipanti.

Descriviamo l’ampiezza dei risultati relativi all’entità dell’effetto utilizzando criteri standard come segue: (SMD) differenza media standardizzata: piccola = 0,20, media = 0,50, grande = 0,80; indice di correlazione: piccolo = 0,10, medio = 0,24, grande = 0,37 (Ellis, 2010Rosenthal e Rosnow, 1984). “Moderato” è utilizzato come sinonimo di “medio” e “forte” per “grande”. Un effetto “piccolo” è generalmente difficile da osservare in un individuo, ma può essere molto importante per la salute pubblica se riguarda un’esposizione diffusa che interessa molti bambini.

Ci si aspetta che un effetto “medio” sia evidente a un osservatore attento (Cohen, 1988). Un effetto “ampio” è generalmente rilevante per la pratica clinica a livello individuale. Se un argomento non è incluso in questo documento, non significa che l’argomento non sia importante; piuttosto, significa che le prove trovate erano insufficienti per consentire conclusioni definitive. Ciò potrebbe essere dovuto al fatto che gli studi sulla qualità erano insufficienti, perché non è stato fatto alcun tentativo di valutare il bias di pubblicazione o perché i dati disponibili non supportano le affermazioni fatte. Dopo che il documento è stato completato, abbiamo invitato altri colleghi a partecipare come firmatari per indicare il loro sostegno al documento. In quanto segue, usiamo il termine basato sull’evidenza per fare riferimento a prove/evidenze che soddisfano i criteri di inclusione/esclusione che abbiamo usato nella nostra ricerca in letteratura. Riconosciamo che potrebbero essere applicati altri criteri, come pretendere l’assenza di una forte disomogeneità nelle meta-analisi o aumentare il numero di partecipanti alla ricerca.

 

3. Panoramica dei risultati

La nostra strategia di ricerca ha generato 208 affermazioni empiricamente supportate sull’ADHD. Per i dettagli, vedere il diagramma PRISMA nella (Figura supplementare 1). Lo stato delle dichiarazioni incluse come supportato empiricamente è stato approvato dai 79 autori di 27 paesi e 6 continenti (Figura supplementare 2). È stato approvato da 362 persone che hanno letto questo documento e ne sono d’accordo con il contenuto (Tabella supplementare 2). La Tabella 1 riassume i nostri risultati insieme ai numeri degli elementi che supportano ciascuna affermazione. Un limite di questa dichiarazione di Consensus è che non riportiamo risultati di ricerche consolidate per le quali non esistono meta-analisi o studi molto ampi. L’assenza di tale studio, non è sempre indica che sia nota l’assenza di un effetto.

Tabella 1: Riepilogo dei risultati

Risultati punti
La sindrome che ora chiamiamo ADHD è stata descritta nella letteratura medica dal 1775. 1 -13
Quando fatta da un medico autorizzato, la diagnosi di ADHD è ben definita e valida a tutte le età, anche in presenza di altri disturbi psichiatrici, come avviene di solito. 14-19
L’ADHD è più comune nei maschi e si verifica nel 5,9% dei giovani e nel 2,5% degli adulti. È stato riscontrato in studi in Europa, Scandinavia, Australia, Asia, Medio Oriente, Sud America e Nord America. 20-25
L’ADHD è raramente causato da un singolo fattore di rischio genetico o ambientale, ma la maggior parte dei casi di ADHD sono causati dagli effetti combinati di molti rischi genetici e ambientali, ciascuno con un effetto molto piccolo. 26-62
Le persone con ADHD spesso mostrano prestazioni alterate nei test psicologici sul funzionamento del cervello, ma questi test non possono essere utilizzati per diagnosticare l’ADHD. 63-70
Gli studi di neuroimaging trovano piccole differenze nella struttura e nel funzionamento del cervello tra le persone con e senza ADHD. Queste differenze non possono essere utilizzate per diagnosticare l’ADHD. 71-77
Le persone con ADHD sono a maggior rischio di obesità, asma, allergie, diabete mellito, ipertensione, problemi del sonno, psoriasi, epilessia, infezioni a trasmissione sessuale, anomalie dell’occhio, disturbi immunitari e disturbi metabolici. 78-100
Le persone con ADHD sono a maggior rischio di bassa qualità della vita, disturbi da uso di sostanze, lesioni accidentali, scarso rendimento scolastico, disoccupazione, gioco d’azzardo, gravidanze in età adolescenziale, difficoltà a socializzare, delinquenza, suicidio e morte prematura. 101-136
Studi sull’impatto economico mostrano che l’ADHD costa alla società centinaia di miliardi di dollari ogni anno, in tutto il mondo. 137-147
Le agenzie regolatorie di tutto il mondo hanno stabilito che diversi farmaci sono sicuri ed efficaci per ridurre i sintomi dell’ADHD, come dimostrato da studi clinici controllati randomizzati. 148-157
Il trattamento con farmaci per l’ADHD riduce lesioni accidentali, traumi cerebrali, abuso di sostanze, fumo di sigaretta, scarso rendimento scolastico, fratture ossee, infezioni trasmesse sessualmente, depressione, suicidio, attività criminale e gravidanze in età adolescenziale. 158-177
Gli effetti collaterali dei farmaci per l’ADHD sono generalmente lievi e possono essere affrontati modificando la dose o il farmaco. 178-188
I farmaci stimolanti per l’ADHD sono più efficaci dei farmaci non stimolanti ma hanno anche maggiori probabilità di essere usati con scopi non terapeutici (diversione), o impropri e assunti in dose eccessiva. 189-194
I trattamenti non farmacologici per l’ADHD sono meno efficaci dei trattamenti farmacologici per i sintomi dell’ADHD, ma sono spesso utili per aiutare i problemi che persistono dopo che la dose del farmaco è stata ottimizzata. 195-208

 

4. Una breve storia: l’ADHD non è un nuovo disturbo

Il concetto di ADHD ha una lunga storia, a partire dai rapporti clinici dei paesi europei. Il significato clinico dei segni e dei sintomi del disturbo è stato riconosciuto da oltre due secoli. Sebbene questi primi rapporti non usassero il termine “ADHD”, descrivevano bambini che mostravano i sintomi e i deficit che ora riconosciamo come ADHD. Per una storia dettagliata vedere (Lange et al., 2010Taylor, 2011Weikard, 1799). 

Ecco i punti salienti della storia iniziale dell’ADHD:

1. 1775: Melchior Adam Weikard, un medico tedesco, scrisse la prima descrizione da manuale di un disturbo con i tratti distintivi dell’ADHD.

2. 1798: Alexander Crichton del “Royal College of Physicians” (Regno Unito) ha descritto un disturbo simile in un libro di testo di medicina (Palmer e Finger, 2001).

3. 1845: Heinrich Hoffmann, che in seguito divenne capo del primo ospedale psichiatrico di Francoforte sul Meno, in Germania, descrisse l’iperattività e i deficit di attenzione in un libro per bambini che documentava comportamenti simili all’ADHD e le compromissioni a loro associate (Hoffmann, 1990).

4. 1887-1901: Désiré-Magloire Bourneville, Charles Boulanger, Georges Paul-Boncour e Jean Philippe hanno descritto un equivalente dell’ADHD negli scritti medici ed educativi francesi (Martinez-Badia e Martinez-Raga, 2015).

5. 1902: George Still, un medico nel Regno Unito, scrisse la prima descrizione del disturbo in una rivista scientifica (Still, 1902aStill, 1902bStill, 1902c).

6. 1907: Augusto Vidal Perera scrive il primo compendio spagnolo di psichiatria infantile. Ha descritto l’impatto della disattenzione e dell’iperattività tra gli scolari (Vidal Perera, 1907).

7. 1917: il neurologo e psichiatra spagnolo Gonzalo Rodriguez-Lafora descrisse i sintomi dell’ADHD nei bambini e disse che erano probabilmente causati da un disturbo cerebrale di origine genetica (Lafora, 1917).

8. 1932: Franz Kramer e Hans Pollnow, dalla Germania, descrissero una sindrome simile all’ADHD e coniarono il termine “disturbo ipercinetico”, che fu successivamente adottato come termine dall’Organizzazione mondiale della sanità (Kramer e Pollnow, 1932Neumarker, 2005).

9. 1937: Charles Bradley, dagli USA, scoprì che un farmaco a base di anfetamine riduceva i sintomi simili all’ADHD (Bradley, 1937).

10. 1940: sintomi simili all’ADHD nei bambini sono descritti come “disfunzione cerebrale minima”.

11. 1956-1958: primo suggerimento in uno studio di follow-up sulla persistenza di comportamenti correlati a disfunzione cerebrale minima nell’età adulta (Morris et al., 1956O’Neal e Robins, 1958).

12. Anni ’60: la Food and Drug Administration degli Stati Uniti ha approvato il metilfenidato (Ritalin) per i disturbi comportamentali nei bambini.

13. Dagli anni ’70 ad oggi: i criteri diagnostici per l’ADHD si sono evoluti sulla base di ricerche che dimostrano che la diagnosi è predittiva della risposta al trattamento, del decorso clinico e della storia familiare del disturbo.

 

5. Come viene diagnosticata l’ADHD?

L’ADHD può essere diagnosticato solo da un medico autorizzato che intervista il genitore o il caregiver e/o il paziente per documentare i criteri per il disturbo (American Psychiatric Association, 2013Chinese Society of Psychiatry, 2001Faraone et al., 2015Feldman e Reiff, 2014Pearl et al., 2001Stein, 2008Organizzazione mondiale della sanità, 2018).

Non può essere diagnosticato solo con scale di valutazione, test neuropsicologici o metodi per l’imaging del cervello.

La diagnosi di ADHD è stata criticata come soggettiva perché non si basa su un test biologico. Questa critica è infondata. L’ADHD soddisfa i criteri standard per la validità di un disturbo mentale stabiliti da Robins e Guze (Faraone, 2005Robins e Guze, 1970).

Il disturbo è considerato valido perché: 1) professionisti ben formati in una varietà di contesti e culture concordano sulla sua presenza o assenza utilizzando criteri ben definiti e 2) la diagnosi è utile per prevedere a) ulteriori problemi che il paziente può avere (ad esempio, difficoltà di apprendimento a scuola); b) futuri esiti o evoluzione per i pazienti (ad esempio, rischio di futuro abuso del farmaco); c) risposta al trattamento (es. farmaci e trattamenti psicologici); e d) caratteristiche che indicano un insieme coerente di cause del disturbo (ad esempio, risultati dalla genetica o dall’imaging cerebrale) (Faraone, 2005).

Le associazioni professionali hanno approvato e pubblicato linee guida per la diagnosi dell’ADHD (Alliance, 2011Banaschewski et al., 2018Bolea-Alamanac et al., 2014Crunelle et al., 2018Flisher e Hawkridge, 2013Graham et al., 2011Kooij et al., 2019National Collaborating Centre for Mental Health, 2018National Institute for Health Care and Excellence, 2018abPliszka, 2007Schoeman e Liebenberg, 2017Seixas et al., 2012Taylor et al., 2004Wolraich et al., 2011).

 

Le caratteristiche principali della diagnosi sono:

14. La diagnosi richiede: 1) la presenza di livelli, evolutivamente inappropriati, di sintomi iperattivo-impulsivi e/o disattenti per almeno 6 mesi; 2) sintomi che si verifichino in contesti diversi (ad esempio, casa e scuola); 3) sintomi che causano compromissione nella vita; 4) alcuni dei sintomi e delle compromissioni si sono verificati per la prima volta nella prima infanzia e nella metà dell’infanzia; e 4) nessun altro disturbo spiega meglio i sintomi (American Psychiatric Association, 2013World Health Organization, 2018Yi e Jing, 2015).

15. La presentazione clinica dell’ADHD può essere descritta come principalmente disattenta, principalmente iperattiva-impulsiva o combinata, a seconda della natura dei loro sintomi (American Psychiatric Association, 2013). Le meta-analisi indicano che la disattenzione è più fortemente associata una compromissione degli studi universitari, bassa autostima, esiti occupazionali negativi e basso funzionamento adattivo in generale. I sintomi iperattivo-impulsivo sono associati al rifiuto dei pari, aggressività, comportamenti di guida rischiosi e lesioni accidentali. (Willcutt et al., 2012).

16. L’ADHD altera il funzionamento di persone molto intelligenti, quindi il disturbo può essere diagnosticato in questo gruppo. Uno studio di coorte basato sulla popolazione alla nascita di oltre 5.700 bambini non ha rilevato differenze significative tra i bambini con QI alto, medio o basso e l’ADHD nell’età media in cui sono stati soddisfatti i criteri per la presenza di ADHD, presenza di disturbi dell’apprendimento, disturbi psichiatrici e abuso di sostanze e presenza di trattamento con farmaci stimolanti (Katusic et al., 2011Rommelse et al., 2017).

17. Nell’adolescenza e nella giovane età adulta, molti individui con una storia di ADHD nell’infanzia continuano a essere compromessi dal disturbo, sebbene spesso mostrino una ridotta iperattività e impulsività pur conservando i sintomi di disattenzione (Faraone et al., 2006).

18. Molti ampi studi epidemiologici e clinici dimostrano che l’ADHD spesso si verifica in concomitanza con altri disturbi psichiatrici, in particolare depressione, disturbo bipolare, disturbi dello spettro autistico, disturbi d’ansia, disturbo oppositivo provocatorio, disturbo della condotta, disturbi alimentari e disturbi da uso di sostanze (Bernardi et al., 2012Chen et al., 2018cGroenman et al., 2017Nazar et al., 2016Solberg et al., 2018Tung et al., 2016Yao et al., 2019). La loro presenza non esclude una diagnosi di ADHD.

19. Una meta-analisi che comprende 25 studi con oltre otto milioni di partecipanti ha rilevato che i bambini e gli adolescenti che sono relativamente più giovani dei loro compagni di classe hanno maggiori probabilità di essere diagnosticati con ADHD (Caye et al., 2020)

 

6. Quanto è comune l’ADHD?

L’ADHD si verifica in tutto il mondo sviluppato e in via di sviluppo ed è più comune nei maschi rispetto alle femmine. Non è diventato più comune negli ultimi tre decenni, anche se a causa del maggiore riconoscimento da parte dei medici, è più probabile che il disturbo venga diagnosticato oggi rispetto ai decenni precedenti.

 20. Una meta-analisi di 19 studi con oltre 55.000 partecipanti ha rilevato che il 5,9% dei giovani soddisfa i criteri diagnostici per l’ADHD (Willcutt, 2012). Un’altra meta-analisi con 135 studi e riguardo un quarto di milione di giovani, non ha rilevato differenze significative nella prevalenza tra Nord America ed Europa, Asia, Africa, Sud America e Oceania (Polanczyk et al., 2014).

 21. Quest’ultima meta-analisi non ha rilevato alcun aumento nella prevalenza dell’ADHD nei bambini e negli adolescenti negli ultimi tre decenni (Polanczyk et al., 2014). Sebbene la prevalenza dell’ADHD non sia cambiata in questo periodo di tempo, ampi studi negli Stati Uniti e in Svezia indicano che è più probabile che l’ADHD sia stato diagnosticato negli ultimi anni, il che riflette i cambiamenti nelle pratiche amministrative e cliniche (Rydell et al., 2018Song et al., 2019Xu et al., 2018).

22. Una meta-analisi di sei studi con oltre 5.300 partecipanti ha stimato che la prevalenza dell’ADHD in età adulta sia del 2,5% (Simon et al., 2009). Una meta-analisi di 20 studi che abbracciano 13 paesi e sette regioni/aree metropolitane, coinvolgendo più di 26.000 partecipanti, ha stimato che il 2,8% degli adulti soddisfa i criteri per la diagnosi di ADHD (Fayyad et al., 2017). La minore prevalenza negli adulti rispetto ai giovani è coerente con una meta-analisi di 21 studi con oltre 1.600 partecipanti che mostrano che soltanto circa un giovane su sei con ADHD soddisfa ancora i criteri diagnostici completi per l’ADHD all’età di 25 anni e circa la metà mostra segni di residua compromissione (Faraone et al., 2006).

23. Una meta-analisi di nove studi con un totale di oltre 32.000 adulti più anziani ha rilevato una prevalenza del 2,2% sulla base delle scale di valutazione dell’ADHD, che scende all’1,5% se limitata a persone di almeno cinquant’anni. Ancora una meta-analisi di sette studi con oltre 11,7 milioni di partecipanti sulla base di diagnosi cliniche di ADHD, eseguita dallo stesso team, ha riportato una prevalenza di soltanto lo 0,2% per le persone di almeno cinquant’anni. Una terza meta-analisi su quattro studi con oltre 9,2 milioni di partecipanti, eseguita dagli stessi ricercatori, ha rilevato un tasso di trattamento dell’ADHD solo dello 0,02% tra le persone di almeno cinquant’anni (Dobrosavljevic et al., 2020).

24. Una meta-analisi di 19 studi che hanno coinvolto oltre 150.000 giovani afro-americani statunitensi, di età inferiore ai 18 anni, ha riportato un tasso di prevalenza di ADHD del 14%. Gli autori hanno concluso: “Gli individui afro americani sono a maggior rischio di diagnosi di ADHD rispetto alla popolazione generale degli Stati Uniti. Questi risultati evidenziano la necessità di aumentare la valutazione e il monitoraggio dell’ADHD tra gli individui afro americani di diversa estrazione sociale” (Cénat et al., 2020).

25. L’ADHD è più comune nei maschi. Una meta-analisi delle valutazioni dei sintomi da parte dei genitori in 29 studi con oltre 42.000 partecipanti e delle valutazioni degli insegnanti in 24 studi con oltre 56.000 partecipanti, ha rilevato un rapporto maschi / femmine di circa due a uno nei giovani (Willcutt, 2012).

 

7. Quali sono le cause dell’ADHD?

Per la maggior parte delle persone con ADHD, molti fattori di rischio genetici e ambientali si accumulano per causare il disturbo (Faraone et al., 2015). I rischi ambientali per l’ADHD esercitano i loro effetti molto presto nella vita, durante il periodo fetale o primo periodo dopo il parto. In rari casi, tuttavia, i sintomi simili all’ADHD possono essere causati da: estrema deprivazione nei primi anni di vita (Kennedy et al., 2016), una singola anomalia genetica (Faraone e Larsson, 2018) o lesioni cerebrali traumatiche nei primi anni di vita (Stojanovski et al., 2019). Questi risultati sono utili per comprendere le cause dell’ADHD ma non sono utili per diagnosticare il disturbo. Le associazioni tra gli aspetti ambientali e l’insorgenza dell’ADHD hanno raggiunto un livello molto alto di evidenze a sostegno. Alcune hanno una forte evidenza di un ruolo causale ma, per la maggior parte, rimane la possibilità che queste associazioni siano dovute a effetti genetici ed ambientali correlati. Per questo motivo, ci riferiamo alle caratteristiche ambientali, prima e dopo la nascita, come correlate che aumentano il rischio di ADHD piuttosto che causarlo. I rischi genetici e ambientali descritti di seguito non sono necessariamente specifici dell’ADHD.

 

7.1. Cause genetiche dell’ADHD

26. Una revisione di 37 studi sui gemelli negli Stati Uniti, Europa, Scandinavia e Australia ha rilevato che i geni e la loro interazione con l’ambiente devono svolgere un ruolo sostanziale nel causare l’ADHD (Faraone e Larsson, 2018Larsson et al., 2014aPettersson et al., 2019).

27. In uno studio sull’intero genoma, un team internazionale ha analizzato il DNA di oltre 20.000 persone con ADHD e oltre 35.000 senza ADHD provenienti da Stati Uniti, Europa, Scandinavia, Cina e Australia. Hanno identificato molte varianti di rischio genetico, ciascuna con un effetto limitato sul rischio di causare il disturbo (Demontis et al., 2019). Questo studio ha confermato una causa poligenica per la maggior parte dei casi di ADHD, ciò significa che, molte varianti genetiche, ognuna con un effetto molto piccolo, si combinano per aumentare il rischio dell’insorgenza disturbo. Il rischio poligenico per l’ADHD è associato alla psicopatologia generale (Brikell et al., 2020) e a diversi disturbi psichiatrici (Lee et al., 2019ab).

28. Ulteriori geni sono stati implicati dalle meta-analisi, ma la loro condizione di geni che comportano un rischio genetico rimane incerta fino a quando non verrà convalidata in uno studio sull’intero genoma. Questi geni sono ANKK1 (Pan et al., 2015) DAT1 (Grunblatt et al., 2019b), LRP5 e LRP6 (Grunblatt et al., 2019a), SNAP25 (Liu et al., 2017b), ADGRL3 (Bruxel et al., 2020) DRD4 e BAIAP2 (Bonvicini et al., 2020Bonvicini et al., 2016).

29. Il rischio poligenico per l’ADHD è un indicatore predittivo dei sintomi dell’ADHD nella popolazione suggerendo che le cause genetiche dell’ADHD come disturbo, nella popolazione, influenzano i sintomi dell’ADHD di livello più lieve (Demontis et al., 2019Taylor et al., 2019).

30. Nella popolazione, quelli con un alto rischio poligenico di ADHD hanno maggiori probabilità di avere una diagnosi di ADHD (Li, 2019), ansia o depressione (Martin et al., 2018).

31. L’ADHD può anche essere il risultato di rari difetti di un singolo gene (Faraone e Larsson, 2018) o di anomalie dei cromosomi (Cederlof et al., 2014). Quando è stato analizzato il DNA di oltre 8.000 bambini con disturbo dello spettro autistico (ASD) e/o ADHD e 5.000 controlli, quelli con ASD e quelli con ADHD avevano un aumento del tasso di mutazioni genetiche rare rispetto ai controlli (Satterstrom et al., 2019).

32. Studi sulla famiglia, sui gemelli e sul DNA mostrano che l’ADHD condivide parzialmente le influenze genetiche e ambientali sia con molti altri disturbi psichiatrici (ad esempio: schizofrenia, depressione, disturbo bipolare, disturbo dello spettro autistico, disturbo della condotta, disturbi alimentari e disturbi da uso di sostanze) che con disturbi somatici [5] (ad esempio emicrania e obesità) (Demontis et al., 2019) (Faraone e Larsson, 2018) (Ghirardi et al., 2018) (Lee et al., 2019ab) (Lee et al., 2013) (Anttila et al., 2018Tylee et al., 2018) (van Hulzen et al., 2017) (Vink e Schellekens, 2018) (Brikell et al., 2018) (Chen et al., 2019a) (Yao et al., 2019). Tuttavia, esiste anche un unico fattore di rischio genetico per l’ADHD. Prove di fattori di rischio genetici e ambientali condivisi tra i disturbi suggerisce che questi disturbi condividano anche una fisiopatologia nei processi biologici che deregolano il neuro-sviluppo e creano modifiche cerebrali che portano all’insorgenza del disturbo.

33. Studi molto ampi sulle famiglie suggeriscono che l’ADHD condivide cause genetiche o familiarità con malattie autoimmuni (Li et al., 2019), ipospadia (Butwicka et al., 2015) e disabilità intellettiva (Faraone e Larsson, 2018).

 

7.2. Correlati ambientali dell’ADHD: esposizione a sostanze tossiche

34. Un paio di meta-analisi hanno trovato piccole correlazioni tra presenza di piombo e sintomi di disattenzione (27 studi, oltre 9.300 giovani) e sintomi di iperattività-impulsività (23 studi, oltre 7.800 giovani) (Goodlad et al., 2013). Una meta-analisi più recente di 14 studi con oltre 17.000 bambini ha riportato che, livelli più elevati di piombo nel sangue, erano associati a probabilità quadruplicate di avere l’ADHD (Nilsen e Tulve, 2020). Uno studio su oltre 2.500 giovani del “National Health and Nutrition Examination Survey”, un campione trasversale e rappresentativo a livello nazionale della popolazione degli Stati Uniti, ha rilevato che quelli con livelli di piombo nel sangue nel 1° terzile [6] avevano 2,3 volte più probabilità di avere l’ADHD rispetto a quelli del 3° terzile (Froehlich et al., 2009). Uno studio simile, con oltre 4.700 giovani dallo stesso sondaggio nazionale, ha rilevato che quelli con livelli di piombo nel sangue, nel 1° quintile più avevano quattro volte più probabilità di avere l’ADHD rispetto a quelli nel 5°quintile [6] (Braun et al., 2006).

35. Tre meta-analisi con oltre venti studi che riguardano più di tre milioni di persone hanno riscontrato che l’esposizione prenatale al fumo materno è associata a un aumento superiore al 50% dell’incidenza di ADHD (Huang et al., 2017) (Dong et al., 2018Nilsen e Tulve, 2020). Sebbene questa associazione sia stata osservata anche in ampi studi sulla popolazione (Joelsson et al., 2016Obel et al., 2016Skoglund et al., 2014), scompare dopo l’adattamento secondo la storia familiare di ADHD questo indica che l’associazione tra la mamma che fuma durante la gravidanza e l’ADHD è dovuta a fattori familiari o genetici che aumentano il rischio sia per il fumo che per l’ADHD.

36. Una meta-analisi di nove studi che abbracciano tre continenti e oltre 100.000 partecipanti ha scoperto che l’esposizione infantile al fumo di sigaretta passivo era associata a una probabilità maggiore del 60% di avere l’ADHD. Non era chiaro in che misura l’associazione fosse causale rispetto a quella dovuta a fattori di confondimento [7] (Huang et al., 2020).

37. In una meta-analisi di 15 studi controllati in doppio cieco, con placebo con 219 partecipanti, i coloranti alimentari artificiali sono stati associati a un lieve aumento dell’iperattività nei bambini (Schab e Trinh, 2004). Un’altra meta-analisi, che comprende 20 studi con un totale di 794 individui abbinati, ha riscontrato un piccolissimo aumento dei sintomi dell’ADHD, ma solo se valutato dai genitori, non dagli insegnanti o da altri osservatori (Nigg et al., 2012).

38. In uno studio Taiwanese su oltre 10.000 nascite, l’uso materno di paracetamolo durante la gravidanza è stato associato a una probabilità maggiore del 33% di presenza di ADHD nei figli (Chen et al., 2019b). Un altro studio, che ha esaminato 113.000 figli dal “Norwegian Mother and Child Cohort Study” e dal “Norwegian Patient Registry”, inclusi 2.246 con ADHD, ha trovato un legame causa-effetto tra l’uso prenatale materno di paracetamolo e l’ADHD (Ystrom et al., 2017).

39. Uno studio a livello nazionale, utilizzando i registri nazionali Danesi, ha esaminato 913.000 bambini nati tra il 1997 e il 2011. L’esposizione prenatale al farmaco antiepilettico valproato era associata a un rischio maggiore del 50% di avere l’ADHD. Non sono state trovate associazioni per altri farmaci antiepilettici (Christensen et al., 2019).

40. In uno studio di registro Norvegese, 297 bambini con ADHD e 553 controlli sono stati campionati in modo casuale da una popolazione ammissibile di oltre 24.000. I bambini, le cui madri si trovavano nel quintile più alto ovvero con i livelli maggiori di metabolita ftalato nelle urine, avevano una probabilità tre volte maggiore di avere avuto l’ADHD da bambini rispetto a quelli nel quintile più basso, dopo aver corretto i dati per i fattori di confondimento, come l’età materna al parto, il sesso del bambino, l’educazione materna, stato civile e il fumo materno prenatale (Engel et al., 2018).

41. I pesticidi con organo-fosfati sono potenti neurotossine. In un campione di 1.139 bambini della popolazione statunitense, un aumento di dieci volte del livello del metabolita organo-fosfato dimetilalchil-fosfato (DMAP), è stato associato con un aumento del 55% della probabilità di avere l’ADHD. I bambini con livelli rilevabili del metabolita DMAP più comunemente rilevato avevano il doppio delle probabilità di avere l’ADHD rispetto a quelli con livelli non rilevabili (Bouchard et al., 2010).

42. Una meta-analisi non ha rilevato alcun effetto significativo di tre classi di inquinanti atmosferici: particolato (sei studi, oltre 51.000 persone) e ossidi di azoto (cinque studi, oltre 51.000 persone) (Zhang et al., 2020b). Uno studio di coorte longitudinale a Taiwan che ha geo-linkato oltre 16.000 coppie madre-bambino rispetto ai livelli di inquinanti atmosferici, non ha rilevato alcuna associazione tra livelli di particolato ridotto, livelli di anidride solforosa o livelli di biossido di azoto durante la gestazione e diagnosi di ADHD nei primi otto anni della vita dei loro figli. Ha trovato una probabilità maggiore del 25% di avere l’ADHD con l’esposizione all’ossido nitrico, un comune inquinante del traffico (Shih et al., 2020).

43. Uno studio di coorte a livello nazionale ha utilizzato il registro dell’assicurazione sanitaria nazionale Sudcoreana per identificare tutti i 7.200 ricoveri ospedalieri di adolescenti con diagnosi primaria di ADHD dal 2013 al 2015 e letture giornaliere di tre inquinanti atmosferici da 318 stazioni di monitoraggio distribuite in tutto il paese nello stesso periodo. Ha scoperto che, picchi di biossido di azoto, anidride solforosa e particolato, erano associati rispettivamente, con aumenti del 47%, 27% e 12% nei ricoveri ospedalieri correlati all’ADHD nei giorni successivi. Non c’erano differenze significative tra adolescenti maschi e femmine o tra adolescenti più grandi e più giovani (Park et al., 2020).

44. Una meta-analisi di nove studi sulla popolazione europea comprendenti 4.826 coppie madre-figlio ha esaminato la relazione tra l’esposizione a sostanze perfluoroalchiliche (PFAS) attraverso il latte materno durante l’infanzia e lo sviluppo dell’ADHD. Nessuna associazione con l’ADHD è stata trovata nella prole (Forns et al., 2020).

45. Una meta-analisi di sette studi che comprendono un totale di oltre 25.000 partecipanti da sei paesi in tre continenti non ha trovato prove di un’associazione tra consumo di zucchero e ADHD nei giovani (Farsad-Naeimi et al., 2020)

 

7.3. Correlati ambientali dell’ADHD: carenze nutritive

46. Un paio di meta-analisi non hanno rilevato differenze nei livelli sierici di ferro nei giovani con ADHD (sei studi, 617 partecipanti) ma riduzioni da piccole a moderate della ferritina sierica, una proteina che immagazzina ferro (dieci studi, oltre 2.100 partecipanti) (Wang et al., 2017). Allo stesso modo, un altro paio di meta-analisi non ha riscontrato differenze nei livelli sierici di ferro (sei studi, oltre 1.700 partecipanti) ma riduzioni da piccole a moderate della ferritina sierica (12 studi, oltre 6.000 partecipanti) (Tseng et al., 2018).

47. Una meta-analisi di nove studi e 586 persone ha rilevato livelli ematici complessivi moderatamente inferiori di PUFA (acidi grassi polinsaturi) omega-3 nei ragazzi con ADHD rispetto ai giovani senza ADHD (Hawkey e Nigg, 2014).

48. Uno studio caso-controllo utilizzando i registri nazionali Finlandesi basato sulla popolazione a livello nazionale ha confrontato 1.067 pazienti con ADHD nati tra il 1998 e il 1999 con 1.067 controlli abbinati. Livelli inferiori di vitamina D materna erano associati a una probabilità maggiore di circa il 50% di ADHD nei loro figli (Sucksdorff et al., 2019).

 

7.3.1. Correlati ambientali dell’ADHD: eventi durante la gravidanza e il parto

49. Una meta-analisi di dodici studi con oltre 6.000 partecipanti ha rilevato un aumento di tre volte del tasso di ADHD tra i bambini very/extremely preterm (rispettivamente nati con età gestazionale inferiore alle 28 settimane o compresa tra 28 e 32 settimane) o very/extremely low birth weight (VLBW/ELBW, rispettivamente con peso neonatale inferiore o uguale a 1500 gr e 1000 gr) (Franz et al., 2018). Un’altra meta-analisi, che combina 85 studi con un totale di oltre 4,6 milioni di nascite, ha trovato una correlazione da lieve a moderata tra basso peso alla nascita e ADHD (Momany et al., 2018). Uno studio del registro nazionale Svedese su 1,2 milioni di bambini ha rilevato un aumento graduale della probabilità di avere l’ADHD con l’aumento della prematurità. I risultati non erano dovuti ad un parente con ADHD o allo stress socioeconomico (Lindstrom et al., 2011). Risultati simili sono stati riportati dai registri nazionali Finlandesi confrontando oltre 10.000 persone con ADHD con oltre 38.000 controlli (Sucksdorff et al., 2015).

50. Una meta-analisi di sei studi che combinano 1,4 milioni di persone ha rilevato che, i bambini le cui madri avevano disturbi ipertensivi durante la gravidanza, avevano un aumento del 25% del tasso di ADHD (Maher et al., 2018).

51. Uno studio di coorte a livello nazionale basato sulla popolazione utilizzando registri Svedesi e che comprende più di due milioni di bambini, 115.000 dei quali con ADHD, ha rilevato che la preeclampsia materna durante la gravidanza è associata a una probabilità successiva di avere l’ADHD, maggiore del 15% nella prole, che sale a oltre 40% quando il feto è piccolo per l’età gestazionale ed esposto alla preeclampsia. Questo andamento nelle famiglie ha mostrato che non è dovuto a influenze genetiche o influenze familiari di altro tipo (Maher et al., 2020).

52. Due meta-analisi, una con sette studi con oltre 28.000 partecipanti e un’altra con tre studi e oltre 1,4 milioni di partecipanti, hanno rilevato che i figli di madri obese avevano circa il 60% di probabilità in più di sviluppare l’ADHD (Jenabi et al., 2019Sanchez et al., 2018). Uno studio su oltre 80.000 coppie madre-figlio, che erano inserite nella “National Birth Cohort” Danese, ha riportato un rischio maggiore di quasi il 50% di avere l’ADHD nei bambini di madri obese e un rischio raddoppiato nei bambini di madri gravemente obese (Andersen et al., 2018).

53. Una meta-analisi di due ampi studi di coorte, con un totale complessivo di oltre 3,1 milioni di persone, ha trovato una leggera ma significativa associazione tra ipertiroidismo materno durante la gravidanza e ADHD nella prole. Anche una seconda meta-analisi di quattro studi di coorte, che ha coinvolto oltre 3,4 milioni di partecipanti, ha trovato una leggera ma significativa associazione tra ipotiroidismo materno e ADHD nella prole. Non è stato fatto alcun tentativo per valutare il ruolo dei fattori confondenti (Ge et al., 2020).

54. Uno studio di coorte a livello nazionale utilizzando registri Danesi ha esaminato oltre un milione di nascite, confrontando i figli di madri, con un unico aborto spontaneo precedente e madri con più di un aborto spontaneo precedente, con madri senza storia di aborto spontaneo. Ha scoperto che dopo aver corretto per un’ampia gamma di possibili fattori confondenti che si sono rivelati avere scarso effetto, i figli di madri con un unico aborto spontaneo avevano il 9% in più di probabilità di sviluppare l’ADHD rispetto a quelli delle madri senza aborto spontaneo. I figli di madri con due o più aborti precedenti avevano il 22% in più di probabilità di essere diagnosticati con ADHD. Questo trend di risposta associata a maggior esposizione al rischio era statisticamente significativo (Wang et al., 2020).

 

7.4. Correlati ambientali dell’ADHD: privazione, stress, infezione, povertà e traumi

55. Uno studio di coorte longitudinale a livello di Taiwan basato sul database della copertura universale del “National Health Insurance Research” ha confrontato oltre 14.000 pazienti con enterovirus (ER71) con un numero uguale di controlli abbinati per età e sesso. Dopo ulteriori correzioni dei dati considerando l’occupazione paterna e il livello di urbanizzazione di residenza, ha scoperto che i pazienti con enterovirus avevano il 25% in più di probabilità di essere successivamente diagnosticati con ADHD (Tseng et al., 2020).

56. Uno studio di coorte basato sulla popolazione a livello nazionale utilizzando registri Danesi, ha confrontato oltre 29.000 bambini nati da donne che hanno perso un parente stretto durante la gravidanza, con un milione di altri bambini nella stessa coorte e ha scoperto che i ragazzi nati da queste donne avevano il doppio delle probabilità di avere l’ADHD (Li et al., 2010).

57. Uno studio statunitense sulla popolazione di oltre 14.000 partecipanti al “National Longitudinal Study of Adolescent Health” ha rilevato che, dopo aver adeguato i fattori di rischio demografici, socioeconomici e familiari per il maltrattamento sui minori, il tipo disattento dell’ADHD era associato all’essere stato esposto ad abuso sessuale e deprivazione fisica (Ouyang et al., 2008).

58. Uno studio di coorte basato sulla popolazione a livello nazionale di oltre 18.000 bambini dal database dell’assicurazione sanitaria nazionale Sudcoreana ha rilevato che livelli più bassi di reddito familiare erano associati a tassi più elevati di ADHD (Choi et al., 2017). Uno studio Svedese su oltre 800.000 persone ha riportato risultati simili anche dopo l’adeguamento per fattori di rischio genetici/familiari condivisi nelle famiglie (Larsson et al., 2014b).

59. Uno studio di coorte longitudinale del registro nazionale Danese su un milione di persone ha rilevato che gli indicatori di avversità di Rutter [8] erano predittivi dell’ADHD. L’affidamento del minore fuori casa era fortemente predittivo; bassa classe sociale, criminalità paterna, disturbo mentale materno e grave disaccordo coniugale erano moderatamente predittivi. Avere una famiglia numerosa non ha avuto alcun effetto sui dati (Ostergaard et al., 2016).

60. Uno studio sulla popolazione a livello nazionale utilizzando i registri nazionali Danesi ha esaminato oltre 630.000 giovani e ha trovato relazioni di causa-effetto tra il livello di istruzione inferiore dei genitori, la disoccupazione dei genitori, la relativa povertà dei genitori e il rischio più elevato di ADHD nella prole. Le combinazioni di svantaggi sociali presentavano una percentuale di rischio data dalla somma dei singoli rischi. Ad esempio, i genitori poveri in termini di reddito relativo, più il mancato completamento dell’istruzione obbligatoria, più la disoccupazione, erano associati a un rischio di ADHD più alto di circa il 5% nella loro prole (Keilow et al., 2020).

61. Uno studio di coorte del registro nazionale Svedese su oltre 540.000 persone ha trovato una relazione di causa-effetto tra fattori di rischio sommati in famiglia e ADHD. Un decesso in famiglia ha aumentato la successiva probabilità di ADHD del 60%. Un consistente abuso di sostanze da parte dei genitori, criminalità o disturbo psichiatrico ciascuno dei fattori ha più che raddoppiato la probabilità, così come non avere una residenza stabile e l’affidamento del nucleo familiare alla pubblica assistenza (Bjorkenstam et al., 2018).

62. In un campione di 4.122 giovani statunitensi con ADHD dal “National Survey of Children’s Health” del 2016 negli Stati Uniti, è emerso che, una maggiore coesione familiare e il sostegno della comunità, hanno diminuito il rischio di ADHD moderato/severo (Duh-Leong et al., 2020).

 

8. Cosa abbiamo imparato dallo studio del cervello delle persone con ADHD?

Esistono due ampie classi di risultati nella ricerca sul cervello delle persone con ADHD. La prima proviene da studi sulle prestazioni dei pazienti con test psicologici che studiano i processi mentali. La seconda deriva da metodi che esaminano direttamente la struttura o la funzionalità del cervello con scansioni di neuroimaging. Sebbene molti di questi studi abbiano trovato differenze tra gruppi di persone che con o senza diagnosi di ADHD, le differenze sono in genere di lieve entità e non differiscono notevolmente tra le persone con ADHD e quelle con altri disturbi. Pertanto, non sono utili per diagnosticare il disturbo (Thome et al., 2012). Queste differenze non sono causate dal trattamento farmacologico e, per alcuni pazienti, diminuiscono o cambiano man mano che i pazienti emergono dal disturbo.

 

8.1. Deficit di prestazioni nei processi psicologici

63. Una meta-analisi di 137 studi con oltre 9.400 partecipanti di tutte le età ha rilevato che l’ADHD è associato a un QI e ad una valutazione di lettura moderatamente più bassi e ad una diminuzione più ampia nei punteggi in ortografia e aritmetica (Frazier et al., 2004). Un’altra meta-analisi, che abbraccia 21 studi con oltre 1.900 adulti, ha concluso che i deficit di QI associati all’ADHD erano di minore entità e non clinicamente significativi (Bridgett e Walker, 2006).

64. Una serie di meta-analisi ha rilevato che le persone con ADHD avevano difficoltà da lievi a moderate con la risoluzione astratta di problemi e con la memoria di lavoro (12 studi, 952 persone), con l’attenzione focalizzata (22 studi, 1.493 persone), l’attenzione sostenuta (13 studi, 963 persone) e la memoria verbale (8 studi, 546 persone) (Schoechlin e Engel, 2005). Un’altra meta-analisi, con 11 studi con 829 partecipanti, ha riportato che le persone con ADHD erano moderatamente più inclini a errori cognitivi noti come rule violations [9] (Patros et al., 2019).

65. Due meta-analisi, una con 21 studi e oltre 3.900 partecipanti, l’altra con 15 studi con oltre mille partecipanti, hanno rilevato che, quelli con diagnosi di ADHD, hanno una moderata tendenza a preferire piccole ricompense immediate rispetto a grandi ricompense posticipate (Jackson e MacKillop, 2016Marx et al., 2018).

66. Una meta-analisi di 37 studi con più di 2.300 partecipanti ha trovato un’associazione da lieve a moderata tra la diagnosi di ADHD e un processo decisionale rischioso (Dekkers et al., 2016). Un’altra meta-analisi, combinando 22 studi con 3.850 bambini e adolescenti, ha rilevato che quelli con ADHD hanno mostrato un processo decisionale moderatamente più impulsivo soprattutto riguardo le attività di delay discounting [10] e delay of gratification [11] (Patros et al., 2016).

67. Una recente meta-meta-analisi includeva 34 meta-analisi di profili neurocognitivi nell’ADHD (di tutte le età) riguardanti 12 campi neurocognitivi. Quelli con ADHD avevano alterazioni moderate in più campi (memoria di lavoro, variabilità del tempo di reazione, inibizione della risposta, intelligenza/risultato pianificazione/organizzazione). Gli effetti erano maggiori nei bambini e negli adolescenti rispetto agli adulti (Pievsky e McGrath, 2018).

68. Una meta-analisi di 49 studi e oltre 8.200 bambini e adolescenti ha riscontrato alterazioni moderate della memoria di lavoro in quelli con ADHD. Questi deficit sono diminuiti con l’età (Ramos et al., 2020).

69. Una serie di meta-analisi non ha rilevato differenze di sesso significative tra i giovani con ADHD rispetto a tutti i sintomi dell’ADHD (15, studi, oltre 3.400 giovani), sintomi di disattenzione (26 studi, oltre 5.900 giovani) o sintomi di iperattività-impulsività (24 studi, oltre 4.900 giovani) (Loyer Carbonneau et al., 2020).

70. Una meta-analisi di studi randomizzati controllati (RCT) con bambini in età prescolare ha rilevato che i training riabilitativi delle funzioni cognitive hanno portato a un moderato miglioramento della memoria di lavoro (23 studi, oltre 2.000 partecipanti) e un miglioramento da lieve a moderato nel controllo inibitorio (26 studi, oltre 2.200 partecipanti) (Pauli-Pott et al., 2020).

 

8.2. Differenze nel cervello trovate dagli studi di neuroimaging

71. Un’analisi dei dati di risonanza magnetica strutturale (MRI) di 36 coorti, con un totale di oltre 4.100 partecipanti, ha riscontrato una superficie totale della corteccia leggermente ridotta nei bambini con ADHD. Lo stesso team ha scoperto che alcune regioni sottocorticali del cervello erano più piccole nei bambini con ADHD, principalmente nelle regioni frontale, cingolata e temporale con alcune riduzioni dello spessore corticale nelle regioni temporali. Lo stesso team ha scoperto che alcune regioni sottocorticali del cervello, cioè gangli della base, l’amigdala, l’ippocampo ed i volumi intracranici erano più piccoli nei bambini con ADHD in 23 coorti di 3.242 partecipanti. Le differenze osservate nei bambini non sono state osservate negli adolescenti o negli adulti (Hoogman et al., 2017Hoogman et al., 2019). Tutte le differenze osservate erano da lievi a molto lievi e impercettibili (sottili).

72. Meta-analisi comparate mostrano che le riduzioni del volume della sostanza grigia strutturale nei gangli basali e nell’insula sono specifiche rispetto alla presenza di Disturbo ossessivo compulsivo DOC in 30 set di dati analizzati con 1.870 partecipanti (Norman et al., 2016) mentre le riduzioni di volume in area frontale mediale erano specifiche rispetto alla presenza di un Disturbo dello spettro autistico ASD in 66 set di dati analizzati con 3.610 partecipanti (Lukito et al., 2020). Un’analisi dei dati di risonanze magnetiche strutturali (MRI) provenienti da 48 coorti con un totale di oltre 12.000 partecipanti, ha mostrato che i partecipanti con ADHD avevano un volume dell’ippocampo più piccolo rispetto ai pazienti con OCD che era correlato alle differenze di QI e volume intracranico più piccolo rispetto ai pazienti con ASD e OCD (Boedhoe et al., 2020). Le sotto-attivazioni funzionali nella corteccia frontale inferiore destra e nei gangli basali durante i compiti che richiedevano controllo cognitivo erano specifiche rispetto al DOC in 1.870 partecipanti (Norman et al., 2016), mentre la disfunzione frontale inferiore era specifica rispetto all’autismo in 3.610 partecipanti (Lukito et al., 2020).

73. Una meta-analisi di dieci studi di risonanze magnetiche con tensore di diffusione (trattografia) con 947 partecipanti ha rilevato che, le differenze più consistenti della materia bianca tra quelli con e senza diagnosi di ADHD erano localizzate nello splenio del corpo calloso si estendevano al cingolo destro, lo strato sagittale destro e al tapetum sinistro, suggerendo problemi con le connessioni tra i due emisferi nelle regioni parieto-temporale posteriore e nei tratti di associazione fronto-posteriore a lungo raggio (che collegano le regioni frontali inferiori, temporali, parietali e occipitali) entrambe coinvolte nell’attenzione e nella percezione (Chen et al., 2016).

74. Una meta-analisi di 21 studi di risonanze magnetiche funzionali (fMRI) con 607 partecipanti ha rilevato che quelli con ADHD hanno mostrato una sotto-attivazione coerente e replicabile in regioni preposte al controllo inibitorio come la corteccia frontale inferiore destra, l’area motoria supplementare (SMA) e i gangli basali rispetto agli individui con sviluppo tipico (Hart et al., 2013). I risultati della sotto-attivazione della regione frontale inferiore sono stati replicati in due ulteriori meta-analisi del controllo inibitorio con fMRI rispettivamente con 33 set di dati e 1.161 partecipanti e 42 set di dati e 2.005 partecipanti (Lukito et al., 2020Norman et al., 2016). Un’altra meta-analisi che includeva 130 studi di fMRI con 1.914 partecipanti non ha trovato alcuna convergenza tranne che per la funzionalità anomala dei gangli basali, per attività neutre alla fMRI e un basso funzionamento della corteccia frontale inferiore solo nei maschi (Samea et al., 2019).

75. Una meta-analisi di nove studi con oltre 1.250 soggetti partecipanti alla ricerca, ha rilevato che, gli aumenti delle onde theta/beta sull’elettroencefalogramma, non possono essere considerati una misura diagnostica affidabile per l’ADHD sebbene possa avere un valore prognostico in alcuni pazienti (Arns et al., 2013).

76. Una meta-analisi di sei studi con 148 partecipanti ha esaminato la negatività del mismatch [12], che valuta l’integrità della memoria sensoriale uditiva e lo spostamento involontario dell’attenzione. Ha riferito che i bambini con ADHD hanno avuto riduzioni da lievi a moderate dell’ampiezza della negatività del mismatch rispetto ai controlli sani (Cheng et al., 2016).

77. Le meta-analisi e revisioni sistematiche hanno mostrato che i farmaci usati per trattare l’ADHD non sono associati a deficit osservati nella struttura del cervello (Hoogman et al., 2017Hoogman et al., 2019Lukito et al., 2020Norman et al., 2016Spencer et al., 2013), ma i farmaci sono associati con un miglioramento delle funzioni cerebrali, più visibili nelle regioni frontali inferiori e striatali (Hart et al., 2013Lukito et al., 2020Norman et al., 2016Rubia et al., 2014Spencer et al., 2013).

 

9. Quali tipi di problemi medici non psichiatrici si verificano comunemente tra le persone con ADHD?

Un’area di ricerca relativamente nuova sull’ADHD sta esaminando quali tipi di problemi medici sono più comuni del previsto, tra le persone con ADHD. Mentre leggi questa sezione, tieni presente che non tutte le persone con ADHD soffriranno di tutti, o anche solo di uno, di questi disturbi.

 

9.1. Obesità

78. Uno studio del registro nazionale Svedese, su oltre 2,5 milioni di persone, ha scoperto che i pazienti con ADHD avevano un rischio di obesità triplicato rispetto ai loro fratelli e cugini non ADHD. Ha anche trovato una co-aggregazione familiare di ADHD e obesità clinica, la cui intensità varia direttamente con il grado di parentela genetica (Chen et al., 2018c).

79. Una meta-analisi ha rilevato che rispetto alle persone con sviluppo tipico, i bambini e gli adolescenti con ADHD, senza trattamenti farmacologici, avevano circa il 20% in più di probabilità di essere in sovrappeso o obesi (15 studi, con oltre 400.000 partecipanti) e gli adulti con ADHD, senza trattamenti farmacologici, avevano quasi il 50% in più di probabilità essere in sovrappeso o obesi (9 studi, oltre 45.000 partecipanti) (Nigg et al., 2016). Le meta-analisi di dodici studi, con oltre 180.000 partecipanti, hanno rilevato che, le persone con ADHD senza trattamenti farmacologici, avevano circa il 40% di probabilità in più di essere obese, mentre quelle che erano state in trattamento farmacologico, erano indistinguibili dalle persone con sviluppo tipico (Cortese et al., 2016b).

 

9.2. Allergie e asma

80. Uno studio del registro nazionale Svedese, su oltre 1,5 milioni di persone, ha rilevato che le persone con asma avevano il 45% di probabilità in più di avere l’ADHD, anche dopo l’adeguamento per le variabili rilevanti (Cortese et al., 2018b). Uno studio di coorte su quasi un milione di nascite, utilizzando i registri nazionali Danesi, ha rilevato che i bambini nati da madri asmatiche, avevano il 40% di probabilità in più di sviluppare l’ADHD (Liu et al., 2019b).

81. In una meta-analisi di sei studi longitudinali con oltre 50.000 partecipanti, quelli con asma o eczema atopico, avevano un terzo di probabilità in più di avere l’ADHD rispetto ai controlli. Una meta-analisi di tre studi con oltre 48.000 partecipanti ha rilevato che, quelli con rinite allergica, avevano circa il 50% in più di probabilità di avere l’ADHD (van der Schans et al., 2017).

 

9.3. Diabete mellito

82. In Germania un’analisi retrospettiva di oltre 650.000 bambini e adolescenti registrati nei database di diagnosi e prescrizione, ha rilevato che l’ADHD aveva il 40% in più di probabilità di essere diagnosticato tra i bambini con diabete di tipo 1 (T1DM) (Kapellen et al., 2016).

83. Uno studio di registro multicentrico Tedesco, su oltre 56.000 bambini e adolescenti, ha rilevato che quelli con ADHD e T1DM hanno sofferto il doppio delle volte di chetoacidosi diabetica rispetto ai pazienti diabetici senza ADHD. Hanno anche trovato differenze significative nella HbA1c (emoglobina glicata) e hanno concluso che: “I pazienti pediatrici con ADHD e T1DM hanno mostrato uno scarso controllo metabolico rispetto ai pazienti con T1DM senza ADHD” (Hilgard et al., 2017).

84. Uno studio longitudinale che utilizza il database della “National Health Insurance Research” di Taiwan ha arruolato oltre 35.000 pazienti con ADHD e oltre 70.000 controlli abbinati per età e sesso. Adolescenti e giovani adulti con ADHD avevano una probabilità di circa tre volte maggiore di sviluppare il diabete mellito di tipo 2 (Chen et al., 2018b).

85. Uno studio di coorte utilizzando diversi registri nazionali Svedesi ha esaminato oltre 1,6 milioni di adulti di età compresa tra 50 e 64 anni. La prevalenza del diabete mellito di tipo 2 era maggiore del 70% tra gli adulti con ADHD (Chen et al., 2018c).

86. Una meta-analisi ha rilevato che il diabete materno preesistente di tipo 1 era associato a un lieve aumento del rischio di ADHD nella prole (4 studi, con oltre cinque milioni di persone). Così era per il diabete paterno preesistente di tipo 1 (3 studi, con 4,7 milioni di persone) e per il diabete materno preesistente di tipo 2 (2 studi, con 2,6 milioni di persone) (Zeng et al., 2019). Uno studio Svedese ha esaminato tutti i 15.615 bambini nati dopo che ai loro genitori era stato diagnosticato il diabete di tipo 1. Dopo aver controllato i fattori di confondimento, ha scoperto che questi bambini avevano una probabilità maggiore del 30% di avere una diagnosi di ADHD (Ji et al., 2018).

 

9.4. Altri disturbi somatici

87. Una meta-analisi di 18 studi con oltre 2.500 bambini e adolescenti ha trovato un’associazione moderata tra disturbi respiratori nel sonno e ADHD (Sedky et al., 2014).

88. Una meta-analisi del sonno negli adulti con ADHD non ha rilevato differenze significative con gli adulti con sviluppo normale, come misurato dalla polisonnografia. In quattro studi con 178 partecipanti, la latenza nell’addormentamento le fasi del sonno 1 e 2, il sonno a onde lente, la fase REM (rapid eye movement) e l’efficienza del sonno erano tutti comparabili. Lo stesso si è riscontrato per il tempo totale di riposo (3 studi, con 130 persone), la latenza REM e i risvegli dopo l’inizio del sonno (3 studi, con 121 persone). Come misurato dall’actigrafia, non c’erano differenze significative per il tempo trascorso a letto e il tempo di veglia effettivo (3 studi, con 159 persone), il vero sonno (4 studi, con 222 persone). Tuttavia, la latenza del sonno era molto maggiore per quelli con ADHD e l’efficienza del sonno era moderatamente inferiore (4 studi, con 222 persone). Tuttavia, valutazioni soggettive da parte di coloro che soffrono di ADHD, hanno riportato una difficoltà ad addormentarsi moderatamente maggiore (8 studi, oltre 1.700 persone), una frequenza moderatamente maggiore di risvegli notturni, una probabilità moderatamente minore di essere riposati al risveglio (5 studi, oltre 1.100 persone) e una qualità del sonno moderatamente peggiore (5 studi, con oltre 800 persone) (Lugo et al., 2020).

89. In uno studio del registro nazionale Norvegese condotto su oltre 1,2 milioni di maschi e oltre 1,2 milioni di femmine, è stato rilevato che, i maschi con ADHD avevano il 30% in più di probabilità di avere una diagnosi di psoriasi e le donne con ADHD avevano più del 50% di probabilità di avere una diagnosi di psoriasi, rispetto ai controlli con sviluppo tipico (Hegvik et al., 2018).

90. Uno studio di coorte sulla popolazione di Taiwan a livello nazionale su oltre 8.000 persone con ADHD e 32.000 controlli corrispondenti ha esaminato la relazione con le malattie autoimmuni. Ha riportato che, quelli con ADHD avevano ben oltre il doppio della prevalenza di spondilite anchilosante, colite ulcerosa e malattie della tiroide autoimmuni e oltre il 50% di probabilità in più di soffrire di asma, rinite allergica e dermatite atopica (Chen et al., 2017a).

91. Uno studio di coorte basato sulla popolazione di oltre 900.000 bambini Danesi, ha scoperto che l’epilessia era associata ad un rischio 2,7 volte maggiore di avere l’ADHD (Bertelsen et al., 2016). Un altro studio di coorte basato sulla popolazione di oltre 12.000 Taiwanesi, ha riportato che l’epilessia era associata a un rischio 2,5 volte maggiore di avere l’ADHD. Al contrario, uno studio di coorte collegato con oltre 18.000 Taiwanesi, ha rilevato che l’ADHD era associato ad un quadruplo aumento dell’epilessia (Chou et al., 2013).

92. Uno studio del registro nazionale su 1,9 milioni di Svedesi, ha riportato che, le persone con epilessia, avevano tre volte e mezzo più probabilità di avere l’ADHD. Il rischio di avere l’ADHD era dell’85% maggiore se la madre della persona aveva l’epilessia, del 50-60% maggiore se l’avevano il padre o un fratello o una sorella, del 15% maggiore se l’avevano i cugini. La genetica ha spiegato il 40% della varianza, con fattori ambientali non condivisi che spiegano un altro 50% (Brikell et al., 2018).

93. Uno studio longitudinale che utilizza il database della “National Health Insurance Research” di Taiwan ha confrontato quasi 18.000 adolescenti e giovani adulti con ADHD con oltre 70.000 controlli abbinati per età e sesso. Quelli con ADHD avevano una probabilità tre volte maggiore di sviluppare infezioni a trasmissione sessuale, dopo aver corretto per i dati demografici, altri disturbi psichiatrici e il trattamento per l’ADHD (Chen et al., 2018a).

94. Uno studio di coorte del registro nazionale Danese su 1,1 milioni di persone, ha scoperto che il ricovero in ospedale per infezioni gravi, era associato a un successivo raddoppio del tasso di diagnosi di ADHD. Tra quelli trattati con agenti anti-infettivi, il rischio di una successiva diagnosi di ADHD è stato dimezzato (Kohler-Forsberg et al., 2019).

95. Uno studio del registro nazionale Danese su quasi un milione di persone ha rilevato che i bambini con malattie autoimmuni avevano il 24% in più di probabilità di sviluppare l’ADHD. La malattia autoimmune materna era associata a una probabilità maggiore del 12% di diagnosi di ADHD nei propri figli. La malattia autoimmune paterna non è stata associata ad alcun effetto significativo (Nielsen et al., 2017).

96. Utilizzando il set di dati basato sulla popolazione nazionale di Taiwan, oltre 116.000 bambini con ADHD sono stati confrontati con lo stesso numero di bambini selezionati in modo casuale senza ADHD. Quelli con ADHD avevano molte più probabilità di avere anomalie significative dell’occhio: quasi il 90% in più di probabilità di avere l’ambliopia (“occhio pigro”), oltre l’80% in più di probabilità di avere l’astigmatismo e il doppio delle probabilità di avere eterotropia, a causa della quale gli occhi divergono a riposo (Ho et al., 2020). Uno studio che utilizza lo stesso database, ha confrontato 6.817 giovani con diagnosi di ambliopia ad oltre 27.000 controlli abbinati per età e sesso. Quelli nel gruppo dell’ambliopia avevano 1,8 volte in più il rischio di sviluppare l’ADHD (Su et al., 2019).

97. In uno studio su oltre 2,5 milioni di giovani Tedeschi, quelli con ADHD avevano nove volte di più la probabilità di avere disturbi metabolici, cinque volte di più la probabilità di sviluppare polmonite virale, quattro volte di più la probabilità di avere disturbi dei globuli bianchi, tre volte di più la probabilità di avere insufficienza renale, pressione alta o obesità, due volte e mezzo in più la probabilità di avere il diabete di tipo 2 o emicrania, il doppio delle probabilità di avere l’asma o dermatite atopica e il 50% in più di probabilità di avere il glaucoma (Akmatov et al., 2019). Uno studio basato sulla popolazione Brasiliana comprendente 5.671 bambini ha rilevato che, quelli con emicrania, hanno una probabilità quattro volte maggiore di avere l’ADHD (Arruda et al., 2020).

98. Uno studio su oltre 59.000 ragazzi con diagnosi di ADHD e oltre 52.000 ragazzi sani a Taiwan ha riportato che quelli nel gruppo con ADHD avevano il doppio delle probabilità di sviluppare disfunzione testicolare (Wang et al., 2019).

99. Uno studio di coorte sulla popolazione a livello nazionale, utilizzando i registri nazionali Svedesi, ha confrontato oltre 19.000 bambini con diagnosi di celiachia, verificata tramite biopsia, con oltre 95.000 i corrispondenti controlli abbinati. Ha rilevato un successivo aumento del 29% del rischio di avere l’ADHD nei pazienti celiaci, che sale al 39% quando ci limitiamo alle diagnosi di ADHD negli adulti. Tuttavia, confrontando 13.000 bambini con diagnosi di celiachia con i loro 18.000 fratelli non celiaci, l’incremento dei dati è diventato non significativo, suggerendo che l’incremento era principalmente attribuibile alle variabili confondenti (Lebwohl et al., 2020).

100. Uno studio nazionale Svedese che utilizza registri nazionali ha esaminato le cartelle cliniche di tutti gli individui di età compresa tra 18 e 64 anni che risiedevano in Svezia nel 2013 e ha identificato 41.840 persone per le quali è stata compilata almeno una prescrizione per medicinali per l’ADHD. I giovani adulti con ADHD avevano quattro volte più probabilità di avere altri farmaci prescritti contemporaneamente per disturbi somatici e quindici volte in più la probabilità di avere contemporaneamente prescrizioni psicotrope rispetto ai controlli con sviluppo normale. Per gli adulti di mezza età (30-49anni) le probabilità erano rispettivamente 6 e 21 volte maggiori e per gli anziani da sette e 18 volte maggiori. I farmaci per disturbi respiratori (principalmente per reazioni allergiche e asma) erano quelli più dispensati per scopi somatici, seguiti da farmaci per l’apparato digerente e metabolici (più frequentemente inibitori della pompa protonica indicati per ulcere gastriche/duodenali e malattia da reflusso gastroesofageo), poi i farmaci per il sistema cardiovascolare (principalmente per ipertensione e aritmie) (Zhang et al., 2020a).

 

10. Qual è l’impatto dell’ADHD su pazienti e famiglie?

L’ADHD è un disturbo associato a grave disagio e/o compromissioni nella vita. Sebbene, come documentato di seguito, molti gravi esiti negativi siano stati associati all’ADHD, il paziente tipico non presenta tutti, o anche la maggior parte, di questi problemi. Molti pazienti vivono una vita piacevole e produttiva, soprattutto se ricevono cure.

 

10.1. Qualità della vita

101. Una meta-analisi di sette studi con oltre 5.000 giovani e i loro genitori ha riportato importanti compromissioni nella qualità della vita dei giovani con ADHD rispetto ai coetanei con sviluppo tipico, indipendentemente dal fatto che fossero valutati dai giovani stessi o dai loro genitori. Il funzionamento fisico era solo moderatamente compromesso, ma il funzionamento emotivo e il funzionamento sociale erano fortemente compromessi. Il funzionamento a scuola era notevolmente compromesso. Man mano che i giovani con ADHD sono cresciuti, la loro qualità di vita rispetto ai coetanei con sviluppo normale è peggiorata in ambito fisico, emotivo e scolastico. (Lee et al., 2016).

102. Una meta-analisi di 17 studi comprendenti 647 famiglie (con oltre 2.300 partecipanti) ha valutato la qualità della vita dei genitori i cui figli avevano l’ADHD rispetto ai genitori con bambini con sviluppo tipico. I genitori del primo gruppo hanno riportato un moderato deficit nella qualità della vita rispetto ai genitori del secondo (Dey et al., 2019).

 

10.2. Compromissione emotiva e sociale

103. Uno studio su oltre 8.600 giovani del “National Health Interview Survey” degli Stati Uniti ha rilevato che quelli con ADHD avevano una probabilità sei volte maggiore di avere un alto livello di problemi emotivi, e comportamentali rispetto ai pari e nove volte di più la probabilità di manifestare un alto livello di compromissione, inclusa l’interferenza con la vita in famiglia, le amicizie, l’apprendimento in classe e le attività nel tempo libero (Strine et al., 2006).

104. Una meta-analisi di 22 studi con oltre 21.000 partecipanti, ha rilevato che i giovani con ADHD erano decisamente compromessi nella capacità di modulare la loro reattività in presenza di eventi nuovi o stressanti (Graziano e Garcia, 2016). Un’altra meta-analisi, combinando dodici studi con oltre 1.900 partecipanti, ha scoperto che gli adulti con ADHD avevano livelli molto elevati di disregolazione emotiva rispetto ai controlli con sviluppo normale (Beheshti et al., 2020).

105. Una meta-analisi ha rilevato che i bambini con ADHD avevano disabilità medio-grandi nella socializzazione con i coetanei, misurata in base al rifiuto/simpatia, popolarità e numero di amicizie (61 studi, oltre 24.000 bambini). Avevano anche moderate compromissioni nelle abilità sociali come la condivisione, la cooperazione, fare a turno, contraccambiare (68 studi, oltre 148.000 bambini) e con l’elaborazione delle informazioni sociali, come il riconoscimento di segnali sociali, l’identificazione di problemi, generare soluzioni ed evitare pregiudizi (23 studi, oltre 3.750 bambini) (Ros e Graziano, 2018).

106. Uno studio condotto su oltre 53.000 bambini statunitensi dal “National Survey of Children’s Health” ha rilevato che quelli con ADHD avevano una probabilità 2,4 volte maggiore di impegnarsi in atti di bullismo (Montes e Halterman, 2007). Uno studio più recente su circa 64.000 bambini condotto utilizzando lo stesso database, ha confermato questo risultato, riportando che quelli con ADHD avevano una probabilità 2,8 volte maggiore di essere impegnarsi in atti di bullismo (Benedict et al., 2015).

 

10.3. Lesioni accidentali

107. Uno studio di coorte a livello nazionale su oltre 50.000 giovani con ADHD e un numero uguale di controlli di pari età, sesso e comorbidità, provenienti dal database del “National Health Insurance Research” di Taiwan, ha riportato che l’ADHD era associato ad una probabilità maggiore di oltre i tre quarti di subire ustioni. Per quelli sotto i sei anni, il rischio era raddoppiato. Per i giovani tra i sei e i diciassette anni, l’aumento del rischio è stato di circa il 70%. Non c’erano differenze significative tra ragazzi e ragazze (Yeh et al., 2020).

108. Una meta-analisi di 32 studi, che riguardano più di quattro milioni di persone, ha rilevato che le persone con ADHD avevano un rischio maggiore del 40-50% di avere lesioni fisiche accidentali (Ruiz-Goikoetxea et al., 2018a).

109. Uno studio sui registri nazionali Svedesi ha seguito 17.408 individui con ADHD dal 2006 al 2009 e ha scoperto che i pazienti con ADHD avevano un rischio maggiore di quasi il 50% di avere gravi incidenti stradali (Chang et al., 2014b).

110. Uno studio statunitense, su oltre 8.000 atleti delle scuole superiori e delle università (prevalentemente giocatori di calcio di sesso maschile), ha rilevato che, quelli con ADHD, avevano una probabilità tre volte maggiore di aver subito tre o più traumi (Nelson et al., 2016).

111. Una meta-analisi di 16 studi che hanno coinvolto oltre 175.000 persone ha stimato che, controllando il chilometraggio guidato, le persone con ADHD, avevano il 23% di probabilità in più di essere coinvolti in incidenti stradali (Vaa, 2014).

112. Uno studio di coorte retrospettivo su oltre 18.000 conducenti del New Jersey, ha rilevato che il rischio di incidente, per le persone con ADHD, era maggiore di un terzo rispetto a quelli senza ADHD (Curry et al., 2017).

113. Una meta-analisi di cinque studi, comprendenti oltre tremila pazienti con lesioni cerebrali traumatiche minori (mTBI) e oltre novemila controlli, ha rilevato che quelli con mTBI avevano il doppio delle probabilità di avere l’ADHD rispetto a quelli senza mTBI (Adeyemo et al., 2014).

 

10.4. Morte prematura e suicidio

114. Uno studio Danese su quasi due milioni di persone, ha scoperto che l’ADHD è associato ad un lieve rischio di morte prematura, principalmente a causa di incidenti. Quando l’ADHD era accompagnato da altri disturbi psichiatrici e da uso di sostanze, le possibilità di morte prematura aumentavano (Dalsgaard et al., 2015b).

115. Uno studio di coorte, su oltre 2,2 milioni di Taiwanesi, non ha rilevato un aumento del rischio di morte per cause naturali associate all’ADHD. Ma le persone con ADHD avevano il doppio del tasso di suicidio, il doppio del tasso di morte per omicidio e il 30% in più di tasso di morte per lesioni non intenzionali (Chen et al., 2019c).

116. Utilizzando registri a livello nazionale in Danimarca, uno studio di coorte su 2,9 milioni di persone, ha riportato un tasso quadruplicato di tentativi di suicidio e decessi nei pazienti con ADHD. Il rischio era dieci volte di più in quelli con ADHD con un’altra diagnosi psichiatrica (Fitzgerald et al., 2019).

117. Una meta-analisi ha rilevato che, le persone con ADHD hanno tentato il suicidio in una percentuale doppia rispetto alle persone con sviluppo tipico (sei studi, con oltre 65.000 persone), avevano oltre tre volte il tasso di ideazione suicidaria (23 studi, con oltre 70.000 persone) e oltre sei volte la percentuale di suicidio portato a termine (quattro studi, oltre 130.000 persone) (Septier et al., 2019).

118. Uno studio Taiwanese su oltre 20.000 adolescenti e giovani adulti con ADHD e oltre 61.000 individui senza ADHD di pari età e sesso, ha rilevato che quelli con ADHD avevano quasi quattro volte di più la probabilità di tentare il suicidio e oltre sei volte di più la probabilità di ripetere i tentativi di suicidio. Il trattamento con metilfenidato o atomoxetina non ha aumentato il rischio di tentativi di suicidio o ripetuti tentativi di suicidio. Il trattamento a lungo termine con metilfenidato è stato associato a un minor rischio di ripetuti tentativi di suicidio tra gli uomini (Huang et al., 2018).

119. In uno studio prospettico di coorte su oltre 2,6 milioni di Svedesi, gli adulti con ADHD hanno avuto un lieve aumento di casi di morte prematura, principalmente a causa di incidenti e suicidi. Non c’era alcuna associazione significativa per i bambini con ADHD (Sun et al., 2019b).

 

10.5. Criminalità e delinquenza

120. Uno studio sulla popolazione Danese, utilizzando registri nazionali, ha rilevato che, rispetto ad altri giovani, quelli con diagnosi di ADHD avevano più del doppio delle probabilità di essere condannati per reati penali e tre volte di più la probabilità di essere incarcerati. Dopo l’adattamento dei dati per altri fattori di rischio, quelli con ADHD avevano il 60% in più di probabilità di essere condannati per un crimine e il 70% in più di probabilità di essere incarcerati (Mohr-Jensen et al., 2019).

121. Una meta-analisi comprendente 21 studi e oltre 19.500 detenuti carcerari ha rilevato che, la prevalenza di persone con ADHD nelle carceri, sulla base delle interviste diagnostiche, era del 20,5% senza differenze rilevate tra maschi e femmine o adolescenti e adulti (Young et al., 2015). Un’altra meta-analisi ha riportato che la prevalenza dell’ADHD tra gli adolescenti in detenzione minorile è di poco superiore al 17%, sia per i maschi (24 studi, oltre 24.000 individui) che per le femmine (13 studi, oltre 3.900 individui), che è molto più alta della prevalenza nella popolazione (Beaudry et al., 2020).

122. Uno studio che ha utilizzato un campione americano rappresentativo a livello nazionale di oltre 5.000 adulti, ha rilevato che, le persone con ADHD, avevano oltre il doppio delle probabilità di essere autori di violenza fisica in un appuntamento e il 65% in più di probabilità di essere vittime di tale violenza (McCauley et al., 2015).

123. In uno studio nazionale su oltre 21.000 adolescenti e giovani adulti Islandesi, il 14% ha riferito di essere stato interrogato in una stazione di polizia. Di questi, il 15% ha riferito di aver rilasciato una falsa confessione. Quelli con ADHD avevano il doppio delle probabilità di rilasciare una confessione falsa (Gudjonsson et al., 2016).

124. Uno studio che utilizza i registri nazionali Danesi ha esaminato i crimini violenti contro i giovani di età compresa tra 7 e 18 anni, su un totale di 678.000 individui. I bambini con ADHD avevano una probabilità 2,7 volte maggiore di essere vittime di crimini violenti rispetto ai loro coetanei con sviluppo normale, dopo aver adeguato i dati per i fattori di rischio fuorvianti (Christoffersen, 2019).

 

10.6. Insuccesso scolastico

125. Uno studio su un campione statunitense di quasi 30.000 adulti ha rilevato che, quelli con ADHD, avevano il doppio delle probabilità di non essersi diplomati in tempo alla scuola superiore, dopo l’adeguamento dei dati per la presenza di altri disturbi psichiatrici (Breslau et al., 2011).

126. Uno studio di coorte a livello nazionale su oltre 750.000 scolari Scozzesi utilizzando registri nazionali collegati, ha identificato coloro a cui era stato prescritto un farmaco per l’ADHD. Anche durante l’assunzione di farmaci, questi bambini avevano una probabilità tre volte maggiore, rispetto ai coetanei con sviluppo tipico, di avere un rendimento scolastico basso, più del doppio delle probabilità di abbandonare la scuola prima dei 16 anni, otto volte di più la probabilità di avere un verbale per “bisogni educativi speciali”, il 50% in più di probabilità di infortunarsi, il 40% in più di probabilità di essere disoccupato. Questi risultati sono stati adeguati tenendo conto dei fattori confondenti socioeconomici e la presenza di altre condizioni psichiatriche (Fleming et al., 2017).

127. Una meta-analisi di dieci studi con 830 giovani ha rilevato che l’ADHD era fortemente associato con prestazioni inferiori sulle competenze di linguaggio globale, espressivo, ricettivo e pragmatico (Korrel et al., 2017).

 

10.7. Disturbi da uso di sostanze

128. Una meta-analisi di dodici studi che comprendono oltre 5.400 persone, ha scoperto che, quelli con diagnosi di ADHD, avevano quasi tre volte in più la probabilità di essere dipendenti dalla nicotina (Lee et al., 2011).

129. Una meta-analisi ha rilevato che l’ADHD era associato a più del doppio delle probabilità di disturbi da uso di alcol (13 studi, oltre 20.000 partecipanti) e disturbi correlati alla nicotina (14 studi, oltre 1.800 partecipanti) (Groenman et al., 2017).

130. Uno studio Svedese su oltre mezzo milione di persone ha rilevato un’associazione più che triplice tra diagnosi di ADHD e successivi disturbi da uso di droga; dopo l’adeguamento dei dati al sesso e all’educazione dei genitori (Sundquist et al., 2015).

 

10.8. Altro

131. Studi su 2,7 milioni di ragazze Danesi (Ostergaard et al., 2017), 380.000 ragazze Svedesi (Skoglund et al., 2019) e 7.500 da Taiwan (Hua et al., 2020) hanno rilevato che, quelle con ADHD avevano maggiori probabilità di avere gravidanze in adolescenza rispetto a quelle senza diagnosi di ADHD. Coerentemente con questi risultati, ampi studi in Svezia (Chang et al., 2014a), Finlandia (Chudal et al., 2015) e un consorzio di otto paesi europei (Pohlabeln et al., 2017) hanno riscontrato che l’ADHD sembra essere più probabile tra figli di madri adolescenti rispetto ai figli di madri più grandi.

132. Uno studio su oltre 36.000 persone negli Stati Uniti ha riferito che l’ADHD aumenta i rischi del gioco d’azzardo, la spesa eccessiva, la guida spericolata e lasciare un lavoro senza avere un piano su cosa fare dopo (Bernardi et al., 2012).

133. Uno studio a livello nazionale, utilizzando il database della “National Health Insurance Research” di Taiwan, ha confrontato 675 adulti con ADHD e 2.025 senza ADHD, abbinati per età e sesso. Dopo aver adeguato i risultati per la presenza di altri disturbi psichiatrici, livello di urbanizzazione della residenza e reddito mensile, quelli con ADHD avevano 3,4 volte il rischio di sviluppare demenza (Tzeng et al., 2019).

134. Una meta-analisi di nove studi che hanno coinvolto quasi un milione e mezzo di persone, ha scoperto che l’ADHD è associato a un rischio triplicato di avvelenamento nei bambini (Ruiz-Goikoetxea et al., 2018b). In uno studio di Taiwan, che confrontava 3.685 bambini con ADHD con 36.000 controlli, quelli con ADHD avevano un rischio più che quadruplicato di auto-avvelenamento intenzionale (Chou et al., 2014).

135. Uno studio longitudinale su circa 15.000 adolescenti statunitensi ha riportato che quelli con ADHD hanno avuto una riduzione del 12% dell’occupazione lavorativa e una riduzione del 34% dei guadagni rispetto ai fratelli non ADHD (Fletcher, 2014).

136. Utilizzando i registri Danesi, uno studio sulla popolazione nazionale, di oltre 675.000 giovani di età compresa tra 7 e 18 anni, ha rilevato che i giovani con ADHD avevano una probabilità 3,7 volte maggiore di essere denunciati come vittime di crimini sessuali rispetto ai controlli con sviluppo normale. Dopo l’adeguamento per le variabili covariate come: la violenza dei genitori, la malattia mentale dei genitori ricoverati, il comportamento suicidario dei genitori o l’abuso di alcol, la disoccupazione di lunga durata dei genitori, la separazione familiare e l’affidamento del bambino alla pubblica assistenza al di fuori della famiglia, ai giovani con ADHD è rimasta quasi il doppio delle probabilità di essere segnalati come vittime di crimini sessuali (Christoffersen, 2020).

 

11. Qual è l’impatto economico dell’ADHD?

Dati i numerosi esiti negativi associati alla diagnosi di ADHD, non sarà una sorpresa per i lettori che questi effetti abbiano un costo economico notevole per i singoli pazienti, le famiglie e la società.

137. Una revisione sistematica di sette studi europei su centinaia di migliaia di partecipanti, ha stimato i costi totali correlati all’ADHD nei Paesi Bassi da 9.860 euro a 14.483 euro per paziente all’anno, con costi nazionali annuali superiori a 1 miliardo di euro (Le et al., 2014).

138. Una revisione dei cost per bambini, giovani e adulti con diagnosi di ADHD in Australia ha stimato che i costi annuali totali superino i 20 miliardi di dollari australiani, o 25.000 dollari per persona con ADHD. Ciò include costi finanziari per 12,8 miliardi di dollari, danni alla salute per 7,6 miliardi di dollari e perdite di produttività per 10,2 miliardi (Australian ADHD Professionals Association, 2019).

139. Una revisione sistematica di 19 studi statunitensi su centinaia di migliaia di persone, ha rilevato che l’ADHD era associato a costi annuali nazionali complessivi da 143 a 266 miliardi di dollari americani, per lo più associati agli adulti con ADHD (da 105 a 194 miliardi di dollari). I costi sostenuti dai familiari di persone con ADHD variavano da 33 a 43 miliardi di dollari (Doshi et al., 2012).

140. Uno studio con oltre 7.000 lavoratori in dieci nazioni ha scoperto che, quelli con ADHD avevano una media di 22 giorni annuali di assenza dallo svolgimento delle proprie funzioni lavorative rispetto a quelli senza ADHD (de Graaf et al., 2008).

141. Uno studio del database di una società “Fortune 100 Company’s” statunitense di oltre 100.000 beneficiari ha confrontato i costi sanitari per i giovani con ADHD con i costi dei controlli abbinati senza ADHD. Il costo medio annuo per un familiare è stato di 2.728 dollari americani per i membri delle famiglie di pazienti con diagnosi di ADHD, quasi il doppio del costo di 1.440 dollari americani, sostenuto per i membri delle famiglie dei controlli corrispondenti (Swensen et al., 2003).

142. I registri dell’assicurazione sanitaria Tedesca, che includono oltre 25.000 pazienti con ADHD, indicano che i pazienti con ADHD costano circa 1.500 euro in più all’anno rispetto a quelli senza ADHD. I principali fattori di costo erano le cure ospedaliere, gli psichiatri e gli psicoterapeuti. L’umore, l’ansia, i disturbi da uso di sostanze e l’obesità erano significativamente più frequenti nei pazienti con ADHD. I costi ulteriori derivanti da queste condizioni hanno aggiunto fino a 2.800 euro annui a paziente (Libutzki et al., 2019).

143. Utilizzando i dati relativi alle richieste di risarcimento del “National Health Insurance Service” per la popolazione di età pari o inferiore a 19 anni in Corea del Sud (69.353 con diagnosi di ADHD), l’onere economico annuale totale dovuto all’ADHD è stato stimato in 47,55 milioni di dollari (Hong et al., 2020).

144. Utilizzando i registri nazionali Danesi, sono stati identificati oltre 5.000 adulti con una diagnosi di ADHD ricevuta in età adulta che non avevano avuto una diagnosi durante l’infanzia. Escludendo i casi con dati mancanti, presenza di altre diagnosi psichiatriche e casi senza un fratello dello stesso sesso e che fosse privo di disturbi psichiatrici diagnosticati, è stata formata una coorte finale composta da 460 coppie di fratelli. In media, gli adulti con ADHD hanno avuto un peso economico annuale di poco superiore a 20.000 euro, rispetto ai loro fratelli con sviluppo normale (Daley et al., 2019).

145. Uno studio di coorte a livello nazionale su oltre 445.000 persone nei registri nazionali Svedesi ha confrontato i costi sanitari per tre gruppi: quelli con ADHD diagnosticato in età infantile che persisteva fino all’età adulta, quelli il cui ADHD si era ristabilito in età adulta e quelli che non avevano mai avuto ADHD. Coloro che non hanno mai avuto l’ADHD hanno avuto una spesa sanitaria media annuale di 304 euro. Quelli con ADHD in remissione avevano il doppio della spesa e quelli con ADHD persistente sostenevano oltre il triplo della spesa (Du Rietz et al., 2020).

146. Uno studio sulla popolazione nazionale, di oltre 83.000 persone con ADHD e 334.446 controlli senza diagnosi di ADHD abbinati per età e sesso, ha utilizzato i registri nazionali Danesi per calcolare il costo socioeconomico netto dell’ADHD. Relativamente ai controlli, e sommando i costi sanitari diretti netti e le perdite nette dovute a un reddito e ad un’occupazione inferiori, il costo medio annuo per individuo con ADHD, è stato di poco superiore a 16.000 euro. Includendo il costo di ulteriori interventi sociali il totale è salito a poco più di 23.000 euro a persona. Per i partner di persone con ADHD, la spesa media annuale da aggiungere per individuo era di quasi 5.500 euro. Con ulteriori costi sociali, il totale è salito a 8.000 euro (Jennum et al., 2020).

147. Utilizzando un database che tiene traccia di più di sessanta programmi di assicurazione sanitaria Tedeschi a livello nazionale, uno studio, su cinque milioni di dati dei membri, ha identificato 2.380 persone che hanno ricevuto la diagnosi di ADHD per la prima volta da adulti. I loro costi sanitari diretti nell’anno successivo alla diagnosi sono stati in media di 4.000 euro. Nonostante che le esplicite linee guida Tedesche, raccomandassero la prescrizione dei farmaci per gli adulti con ADHD, sono stati prescritti farmaci solo a un terzo di loro, scendendo a un ottavo quattro anni dopo aver ricevuto la diagnosi. I rimanenti due terzi hanno ricevuto psicoterapia. Gli autori hanno concluso che “le raccomandazioni delle linee guida non sono ancora completamente implementate nelle cure di routine quotidiane” (Libutzki et al., 2020).

 

12. Quali farmaci sono sicuri ed efficaci per il trattamento dell’ADHD?

Come deciso dalle agenzie regolatorie governative di tutto il mondo, diversi farmaci sono sicuri ed efficaci per il trattamento dei sintomi dell’ADHD come è stato determinato da studi clinici controllati randomizzati che tipicamente osservano i pazienti per diverse settimane. Questi farmaci, che sono altrettanto efficaci o più efficaci di molti farmaci usati per disturbi non psichiatrici (Leucht et al., 2012), sono classificati come farmaci stimolanti (metilfenidato e anfetamina) o farmaci non stimolanti (atomoxetina, guanfacina a rilascio prolungato e clonidina a rilascio prolungato).

 

12.1 Effetti dei farmaci sui sintomi: risultati di studi clinici controllati e randomizzati

148. I protocolli per l’uso di farmaci per l’ADHD sono ben descritti in linee guida dettagliate preparate da organizzazioni di professionisti della salute (Alliance, 2011Banaschewski et al., 2018Bolea-Alamanac et al., 2014Crunelle et al., 2018Flisher e Hawkridge, 2013Graham et al., 2011Kooij et al., 2019National Collaborating Centre for Mental Health, 2018National Institute for Health Care and Excellence, 2018abPliszka, 2007Schoeman e Liebenberg, 2017Seixas et al., 2012Taylor et al., 2004Wolraich et al., 2011).

149. Una meta-analisi a rete ha scoperto che i farmaci stimolanti sono particolarmente efficaci nel ridurre i sintomi dell’ADHD. Le anfetamine rispetto al placebo, come valutato dai clinici, sono state associate a grandi miglioramenti in tutti i gruppi di età (giovani 6 studi con 2179 partecipanti, adulti 5 studi con 1521 partecipanti), il metilfenidato è stato associato ad ampi miglioramenti nei giovani (9 studi, 2677 partecipanti) e moderati miglioramenti negli adulti (11 studi, 2909 partecipanti). La guanfacina a rilascio prolungato (7 studi, 1930 partecipanti) ha portato a moderati miglioramenti nei bambini. L’atomoxetina ha portato a miglioramenti moderati in tutti i gruppi di età (giovani 21 studi con 3812 partecipanti, adulti 11 studi con 3377 partecipanti). Tenendo conto degli effetti collaterali, i farmaci con il miglior rapporto rischio-beneficio erano il metilfenidato per bambini e adolescenti e le anfetamine per gli adulti (Cortese et al., 2018a).

150. Una meta-analisi di 18 studi con oltre 2.000 adulti con ADHD ha rilevato che tre derivati delle anfetamine (dextroamphetamine, lisdexamfetamine e sali di anfetamine misti) sono associati a riduzioni moderate dei sintomi dell’ADHD (Castells et al., 2011). Un’altra meta-analisi, combinando quattro studi con 216 giovani, ha scoperto che i sali misti di anfetamina sono leggermente più efficaci nel ridurre i sintomi dell’ADHD rispetto al metilfenidato (Faraone et al., 2002).

151. Una meta-analisi di 19 studi a gruppi paralleli con oltre 1.600 partecipanti, ha rilevato che il metilfenidato ha prodotto miglioramenti da moderati ad ampi nei sintomi di ADHD valutati dagli insegnanti, nel comportamento valutato dagli insegnanti e nella qualità della vita valutata dai genitori. Non c’erano prove di gravi eventi avversi e solo un rischio leggermente elevato di effetti collaterali non gravi (Storebø et al., 2015).

152. Una meta-analisi ha rilevato che il dexmetilfenidato ha ridotto fortemente i sintomi dell’ADHD giovanile rispetto al placebo (sette studi, quasi 1.500 partecipanti) e ha avuto tre volte il tasso di risposta clinica (quattro studi, oltre 600 partecipanti) (Maneeton et al., 2015). Un’altra meta-analisi, relativa a sei studi controllati randomizzati RCT con 253 partecipanti, ha riportato che il metilfenidato ha ridotto fortemente i sintomi dell’ADHD negli adulti, con prescrizione di dosi più elevate è risultato un miglioramento maggiore (Faraone et al., 2004).

153. Una meta-analisi di sette studi con oltre 1.600 partecipanti ha riportato che l’atomoxetina ha ridotto moderatamente i sintomi dell’ADHD (Cheng et al., 2007).

154. Una meta-analisi ha rilevato che il metilfenidato (13 studi, con oltre 2.200 adulti) e la lisdexamfetamina (cinque studi, con oltre 2.300 adulti) hanno portato a riduzioni da lievi a moderate dei sintomi di disregolazione emotiva; per atomoxetina (tre studi, con 237 adulti) le riduzioni sono state lievi (Lenzi et al., 2018). Un’altra meta-analisi relativa a nove studi con oltre 1.300 giovani, ha riportato che l’atomoxetina è associata a piccole riduzioni dei sintomi emotivi (Schwartz e Correll, 2014).

155. Una meta-analisi ha riportato miglioramenti da moderati a forti nei sintomi dell’ADHD utilizzando metilfenidato in pazienti con ADHDe con funzionamento intellettivo limite o disabilità intellettiva (8 studi, 423 bambini). (Sun et al., 2019a).

156. Una meta-analisi di 23 studi con oltre 2.900 bambini con ADHD ha riportato che i farmaci stimolanti hanno ridotto l’ansia del 14% rispetto al placebo (Coughlin et al., 2015).

157. Una meta-analisi di nove studi con oltre 1.300 partecipanti ha rilevato che i farmaci stimolanti sono altamente efficaci nel ridurre l’aggressività, il comportamento oppositivo e i problemi di condotta nei giovani con ADHD (con e senza disturbo oppositivo provocatorio) e efficaci nel ridurre il disturbo della condotta, se rilevato dagli insegnanti e moderatamente efficace se rilevato dai genitori (Pringsheim et al., 2015).

 

12.2. Effetti dei farmaci sui disturbi associati all’ADHD: risultati da Studi Naturalistici

158. Uno studio del registro Svedese su oltre 650.000 studenti ha rilevato che il trattamento con farmaci per l’ADHD protratto per tre mesi ha portato ad un aumento di oltre nove punti nella somma dei voti scolastici (su una scala da 0 a 320); il trattamento farmacologico è stato associato a un aumento della probabilità di completare la scuola secondaria superiore di due terzi (Jangmo et al., 2019).

159. Uno studio del registro nazionale Svedese su oltre 61.000 giovani con ADHD ha rilevato che i loro punteggi nei test erano più alti durante i periodi in cui stavano assumendo farmaci rispetto a periodi senza utilizzo dei farmaci (Lu et al., 2017). Uno studio Danese, su oltre mezzo milione di bambini (oltre 6.400 con ADHD), ha rilevato che l’interruzione dei farmaci per l’ADHD era associata a un piccolo ma significativo calo delle medie dei voti (Keilow et al., 2018). Una meta-analisi di nove RCT comprendenti 1.463 pazienti, ha rilevato che l’interruzione dei farmaci ha portato ad un peggioramento della qualità della vita per bambini e adolescenti ma non per gli adulti (Tsujii et al., 2020).

160. Uno studio di coorte Svedese su oltre 25.000 pazienti con ADHD ha riscontrato una riduzione di un terzo della criminalità tra gli uomini che ricevono farmaci per l’ADHD e una riduzione del 40% per le donne (Lichtenstein et al., 2012). Uno studio del registro nazionale Danese su oltre 4.200 persone con ADHD diagnosticato nell’infanzia ha rilevato che i tassi di criminalità in età adulta erano inferiori del 30-40% durante i periodi di assunzione di farmaci per l’ADHD (Mohr-Jensen et al., 2019).

161. Uno studio di coorte Danese su oltre 700.000 persone, di cui 4.557 con ADHD, ha rilevato che tra gli adolescenti con ADHD, il trattamento stimolante era associato a una diminuzione del tasso di lesioni (30% per i bambini di dieci anni e 40% per i bambini di dodici anni) (Dalsgaard et al., 2015a).

162. Utilizzando i registri nazionali Svedesi, uno studio che ha seguito dal 2006 al 2013 9.421 giovani con ADHD e 2.986 giovani con ADHD e altre diagnosi psichiatriche. Ha confrontato i periodi in cui assumevano farmaci per l’ADHD con periodi in cui non li assumevano. Durante i periodi di trattamento farmacologico, entrambi i gruppi hanno avuto una riduzione superiore al 10% delle lesioni non intenzionali e una riduzione superiore al 70% delle lesioni cerebrali traumatiche (Ghirardi et al., 2020).

163. Uno studio Taiwanese su oltre 124.000 giovani con ADHD ha rilevato che il trattamento con metilfenidato ha ridotto il rischio di lesioni cerebrali traumatiche, dopo aver corretto i dati dai fattori di confondimento (Liao et al., 2018).

164. Uno studio nazionale ha confrontato 7.200 giovani Taiwanesi con ADHD con 36.000 bambini senza ADHD. Dopo l’adeguamento per età, sesso, livello di urbanizzazione e regione geografica, i ragazzi con ADHD avevano quasi il 40% in più di probabilità e le ragazze con ADHD il 60% in più di probabilità di subire fratture ossee (Guo et al., 2016). Un altro studio di Taiwan ha identificato oltre 6.200 giovani con nuova diagnosi di ADHD e ha valutato l’effetto del trattamento con metilfenidato. Il rischio di fratture ossee era inferiore del 20% in coloro che avevano più di sei mesi di trattamento con metilfenidato (Chen et al., 2017b).

165. Un database elettronico di cartelle cliniche basato sulla popolazione di Hong Kong ha identificato oltre 17.000 persone di età compresa tra 6 e i 19 anni a cui era stato prescritto metilfenidato. Di questi, quasi 5.000 hanno avuto almeno un ricovero al pronto soccorso correlato a traumi. I ricercatori hanno riscontrato, una riduzione del 9%, di tali ricoveri, durante i periodi coperti da una prescrizione di metilfenidato rispetto ai periodi senza prescrizione attiva (Man et al., 2015).

166. Una meta-analisi di cinque studi con oltre 13.000 partecipanti ha rilevato che i farmaci per l’ADHD (principalmente gli stimolanti) erano associati a una riduzione superiore al 10% delle lesioni non intenzionali (Ruiz-Goikoetxea et al., 2018a).

167. Utilizzando i registri nazionali Svedesi, uno studio su oltre 17.000 persone con ADHD ha rilevato che i farmaci per l’ADHD erano associati a una riduzione superiore al 50% del rischio di gravi incidenti di stradali tra i maschi ma non le con le femmine. Oltre il 40% degli incidenti di pazienti di sesso maschile potevano essere evitati se avessero ricevuto cure durante l’intero periodo (Chang et al., 2014b). Uno studio di coorte nazionale degli Stati Uniti su 2,3 milioni di persone con ADHD, ha esaminato le visite al pronto soccorso per incidenti automobilistici in dieci anni. I maschi con ADHD avevano un rischio inferiore del 38% di incidenti nei mesi in cui erano trattati con farmaci per l’ADHD rispetto ai mesi in cui non erano in trattamento farmacologico e le femmine avevano un rischio inferiore del 42% nei mesi in cui erano trattate con farmaci per l’ADHD. Circa un quinto degli incidenti sarebbe stato evitato se i pazienti fossero stati trattati con farmaci per tutto il periodo dello studio (Chang et al., 2017).

168. Uno studio longitudinale che utilizza il database della “National Health Insurance Research” di Taiwan ha confrontato quasi 18.000 adolescenti e giovani adulti con ADHD con oltre 70.000 controlli abbinati per età e sesso. L’uso a breve termine di farmaci per l’ADHD è stato associato a una riduzione del 30% delle infezioni a trasmissione sessuale e all’uso a lungo termine è stata associata una riduzione del 40%, sebbene queste riduzioni fossero presenti solo tra i maschi (Chen et al., 2018a).

169. Uno studio di coorte longitudinale a livello nazionale, utilizzando i registri nazionali Svedesi ha rilevato che, tra più di 38.000 individui con ADHD, l’utilizzo dei farmaci per l’ADHD era associato ad una riduzione superiore al 40% del rischio di una diagnosi di depressione tre anni dopo. Il rischio è diminuito con l’aumento della durata dell’uso di farmaci per l’ADHD. La depressione era meno frequente nel 20% dei casi, quando i pazienti erano trattati con farmaci per l’ADHD rispetto ai periodi in cui non erano in trattamento (Chang et al., 2016).

170. Uno studio basato sulla popolazione Svedese su 38.000 persone con ADHD, ha rilevato un calo del 20% degli eventi correlati al suicidio tra coloro che avevano una prescrizione di farmaci stimolanti durante i periodi in cui erano in trattamento rispetto ai periodi in cui non erano in trattamento. Nessun beneficio di questo tipo è stato trovato per i farmaci non stimolanti (Chen et al., 2014).

171. Uno studio Taiwanese ha identificato 85.000 giovani con ADHD utilizzando i dati della “National Health Insurance” per esaminare se l’uso di metilfenidato abbia influenzato i tentativi di suicidio. Dopo aver adeguato i dati con le variabili rilevanti, ha rilevato un rischio di suicidio inferiore del 60% in coloro che usano metilfenidato da 3 mesi a sei mesi e una riduzione del 70% tra coloro che usano metilfenidato per più di sei mesi (Liang et al., 2018b).

172. Uno studio, utilizzando i registri nazionali Svedesi, ha indagato l’associazione tra farmaci stimolanti prescritti per l’ADHD nel 2006 e l’abuso di sostanze nel 2009 tra tutte le 38.753 persone nate tra il 1960 e il 1998 e con diagnosi di ADHD. Dopo aver controllato le variabili rilevanti, ha riscontrato una riduzione superiore al 30% degli indicatori di abuso di sostanze tra coloro che avevano una prescrizione di farmaci stimolanti. Maggiore è la durata di assunzione del farmaco, minore è il tasso di abuso di sostanze (Chang et al., 2014c). Una meta-analisi di 14 studi con oltre 2.300 partecipanti ha rilevato che le persone con ADHD avevano circa la metà delle probabilità di fumare sigarette se trattate regolarmente con farmaci stimolanti (Schoenfelder et al., 2014). Una meta-analisi ha rilevato che i farmaci stimolanti non aumentavano il rischio di abuso di alcol (11 studi, con oltre 1.300 partecipanti), di nicotina (6 studi, con 884 partecipanti), di cocaina (7 studi, con 950 partecipanti) o abuso o dipendenza da cannabis (9 studi, con oltre 1.100 partecipanti) (Humphreys et al., 2013).

173. Uno studio a livello nazionale su oltre 7.500 adolescenti Taiwanesi con ADHD e oltre 30.000 controlli abbinati ha rilevato che l’uso a lungo termine di farmaci per l’ADHD era associato a una diminuzione del 30% delle gravidanze in età adolescenziale (Hua et al., 2020).

174. Una coorte a livello nazionale basata sulla popolazione, utilizzando il database della “National Health Insurance Research” di Taiwan, ha identificato oltre 68.000 bambini e adolescenti con una diagnosi di ADHD e ai quali è stato prescritto metilfenidato e li ha confrontati con un numero identico di controlli abbinati per età, sesso e anno della prima diagnosi di ADHD. Dopo aver controllato i potenziali fattori confondenti, ha rilevato che gli individui con ADHD che avevano una prescrizione di metilfenidato avevano un tasso inferiore di un quinto di mortalità per tutte le cause, rispetto agli individui con ADHD a cui non veniva prescritto metilfenidato. La prescrizione ritardata di metilfenidato, d’altra parte, è stata associata a una mortalità leggermente superiore (5%). L’uso a lungo termine di metilfenidato è stato associato ad u riduzione di un sesto del tasso di mortalità per tutte le cause. Gli autori avvertono, tuttavia, che “le informazioni mancanti nel database, precludevano la valutazione di altri possibili fattori di confondimento, come la storia familiare, i fattori di stress psicosociali, l’effetto della terapia comportamentale o la gravità delle comorbidità”, e di conseguenza non è possibile escludere una dubbia interpretazione dovuta a variabili non misurabili (Chen et al., 2020a).

175. Una coorte a livello nazionale basata sulla popolazione utilizzando il database della “National Health Insurance Research” di Taiwan ha identificato oltre 90.000 individui di età inferiore ai 18 anni con una diagnosi di ADHD e ha confrontato il rischio di ustioni tra coloro che non assumevano metilfenidato, quelli che assumevano metilfenidato per meno di 90 giorni, e quelli che assumevano metilfenidato per più di 90 giorni. I dati hanno suggerito che più della metà dell’incidenza delle ustioni, avrebbe potuto essere evitata, assumendo metilfenidato. Rispetto ai pazienti che non assumevano metilfenidato, quelli che lo assumevano per meno di 90 giorni avevano un rischio inferiore del 30% di ustioni e quelli che lo assumevano per 90 giorni o più una riduzione del rischio del 57%, dopo l’adeguamento per variabili confondenti (Chen et al., 2020b).

 

12.3. Effetti dei farmaci per l’ADHD sul cervello

176. Una meta-analisi del trattamento con metilfenidato per l’ADHD ha riscontrato miglioramenti moderati nell’inibizione della risposta (25 studi, 787 partecipanti) e mantenimento dell’attenzione sostenuta (29 studi, con 956 partecipanti), ma nessun effetto significativo sulla memoria di lavoro (13 studi, con 559 partecipanti) (Tamminga et al., 2016).

177. Una meta-analisi di 14 studi con fMRI con 212 partecipanti ha riportato che il trattamento farmacologico per l’ADHD ha reso il cervello dei giovani con ADHD in un modo tale che il funzionamento fosse più simile al funzionamento del cervello delle persone senza ADHD nelle aree cerebrali coinvolte nel controllo delle capacità cognitive, che sono tipicamente disturbate nell’ADHD (Rubia et al., 2014). Il trattamento farmacologico per l’ADHD non ha avuto effetto sulla struttura del cervello: negli studi su 4.180 pazienti con ADHD nel gruppo di lavoro ENIGMA-ADHD di 36 coorti provenienti da tutto il mondo (Hoogman et al., 2017Hoogman et al., 2019).

 

12.4. Effetti collaterali dei farmaci per l’ADHD

178. Una meta-analisi ha rilevato che i farmaci stimolanti riducono moderatamente il tempo totale di sonno (7 studi, con 223 bambini), ritardano l’inizio del sonno (7 studi, con 171 bambini) e diminuiscono leggermente o moderatamente l’efficacia del sonno (7 studi, con 155 bambini) (Kidwell et al., 2015). Una meta-analisi ha rilevato che i bambini e gli adolescenti trattati con metilfenidato avevano il 50% di probabilità in più di riferire dolore addominale (46 studi, oltre 4.600 giovani) e oltre tre volte in più di probabilità di sperimentare diminuzioni dell’appetito (52 studi, oltre 4.800 giovani) e del peso (7 studi, oltre 850 giovani) (Holmskov et al., 2017). Una revisione generale di una meta-analisi di rete e delle meta-analisi di RCT e studi di coorte ha esaminato 78 eventi avversi in 19 categorie di 80 farmaci psicotropi in bambini e adolescenti con disturbi mentali, inclusi i dati di nove meta-analisi di rete, 39 meta-analisi, 90 RCT individuali e otto studi di coorte con un totale di 337.686 bambini e adolescenti inclusi (Solmi et al., 2020). Cinque farmaci per l’ADHD sono stati associati ad un significativo peggioramento dell’anoressia (atomoxetina, d-anfetamina, lisdexamphetamine, metilfenidato, modafinil), quattro sono stati associati all’insonnia (d-anfetamina, lisdexamfetamina, metilfenidato, modafinil), tre associati con la perdita di peso (atomoxetina, metilfenidato, modafinil), due associati con il dolore addominale (metilfenidato, guanfacina), con due farmaci si è avuta l’interruzione del trattamento a causa di eventi avversi (con lisdexamfetamina, guanfacina), due sono stati associati ad ipertensione (atomoxetina, lisdexamfetamina), due sono stati associati a sedazione (clonidina, guanfacina) e uno con il prolungamento del tratto QT (guanfacina).

179. Una meta-analisi di dodici studi con oltre 3.300 adulti ha rilevato che coloro che assumevano atomoxetina avevano circa il 40% in più di probabilità di interrompere il trattamento a causa di eventi avversi rispetto a quelli trattati con placebo (Cunill et al., 2013). Una meta-analisi ha rilevato che il metilfenidato aveva più del doppio delle probabilità di indurre insonnia rispetto all’atomoxetina (10 studi, con oltre 3.000 giovani), ma circa la metà delle probabilità di causare nausea (8 studi, con oltre 2.750 giovani) e vomito (97 studi, con oltre 2.500 giovani), e circa un sesto delle probabilità di provocare sonnolenza (9 studi, con oltre 2.800 giovani) (Liu et al., 2017a). Una meta-analisi degli studi sul trattamento con metilfenidato ha riportato un aumento del 55% degli eventi avversi rispetto al placebo, nessuno pericoloso per la vita (11 studi, con oltre 2.100 giovani), ma un aumento di cinque volte dell’anoressia (3 studi, con 613 giovani) e un aumento maggiore di quattro volte dell’insonnia (4 studi, con 749 giovani) (Ching et al., 2019).

180. I bambini trattati con farmaci stimolanti possono mostrare ritardi nell’aumento dell’altezza prevista, in media di due centimetri in uno o due anni. Questa tendenza, a volte si attenua nel tempo, e spesso si inverte quando il trattamento viene interrotto (Faraone et al., 2008). Uno studio sulle cartelle cliniche condotto negli Stati Uniti, che ha confrontato 32.999 bambini con ADHD trattati con farmaci stimolanti con 11.515 controlli, ha rilevato continui cali sull’altezza prevista per un periodo di quattro anni. Uno studio proveniente dalla Germania, tuttavia, ha specificamente esaminato se l’uso di farmaci stimolanti prevedesse che i pazienti fossero molto bassi (cioè, essere inferiori o uguali al terzo percentile della popolazione). Dopo aver confrontato 3.806 ragazzi non trattati con metilfenidato con 118 ragazzi trattati, i risultati non hanno indicato che il metilfenidato aumentasse la probabilità di questo evento avverso (McCarthy et al., 2018).

181. Uno studio che utilizza i registri nazionali Danesi ha seguito oltre 700.000 individui per un periodo medio di quasi un decennio. Guardando 8.300 persone con ADHD, quelli che utilizzavano farmaci stimolanti, avevano più del doppio del tasso di eventi cardiovascolari (principalmente ipertensione) rispetto ai non utilizzatori. Questi eventi erano rari (Dalsgaard et al., 2014).

182. Una meta-analisi di cinque studi con oltre 43.000 bambini e adolescenti non ha rilevato differenze significative negli eventi cardiaci avversi tra l’uso di metilfenidato e l’atomoxetina, e una meta-analisi di tre studi con 775 adulti non ha riscontrato differenze significative negli eventi cardiaci avversi tra l’uso del metilfenidato e il placebo (Liang et al., 2018a).

183. Una meta-analisi che comprende persone di tutte le età ha riportato che il metilfenidato non era associato ad un rischio più elevato di morte per tutte le cause (3 studi, con oltre 1,4 milioni di persone), infarto o ictus (3 studi, oltre mezzo milione di persone) (Liu et al., 2019a).

184. Uno studio di coorte su oltre 1,8 milioni di gravidanze negli Stati Uniti e oltre 2,5 milioni di gravidanze nei registri sanitari di Danimarca, Finlandia, Svezia, Norvegia e Islanda ha riferito che l’uso di metilfenidato (ma non di anfetamine) da parte di donne incinte era associato a un rischio più elevato di malformazioni cardiache da 12,9 per mille neonati a 16,5 per mille neonati (Huybrechts et al., 2018). Una meta-analisi di quattro studi su tre milioni di donne ha anche scoperto che l’esposizione intrauterina al metilfenidato, era associata a un rischio più elevato di malformazioni cardiache (Koren et al., 2020).

185. Una meta-analisi che esamina la sicurezza dell’atomoxetina, non ha rilevato un aumento significativo del rischio di irritabilità (3 studi, con oltre 1.100 bambini) (Pozzi et al., 2018). Altri due studi, uno che unisce venti studi con oltre 3.000 partecipanti e un altro che unisce 37 studi con oltre 3.800 partecipanti, non hanno riscontrato nei giovani un incremento del rischio di interruzione del trattamento per qualsiasi causa (Catala-Lopez et al., 2017Schwartz e Correll, 2014). Tuttavia, una meta-analisi di dodici studi con oltre 3.300 adulti ha rilevato una percentuale maggiore del 40% di interruzione del trattamento per tutte le cause, portando alla conclusione che “l’atomoxetina ha uno scarso rapporto rischio-beneficio per il trattamento di adulti con ADHD” (Cunill et al., 2013).

186. L’“Hong Kong Clinical Data Analysis & Reporting System”, un database elettronico di cartelle cliniche basato sui dati della popolazione, è stato utilizzato per esaminare oltre 25.000 persone che avevano prescrizione di metilfenidato per l’ADHD. Durante il periodo di 90 giorni prima dell’inizio del trattamento, le persone con ADHD avevano una probabilità di sei volte maggiore di tentare il suicidio rispetto al periodo dopo il trattamento. Quando il trattamento era in corso, il rischio di tentato suicidio, non era più elevato tra i pazienti con ADHD (Man et al., 2017).

187. Utilizzando lo stesso database di Hong Kong, il rischio di psicosi non differiva tra i periodi in cui i pazienti erano in trattamento o meno con metilfenidato (Man et al., 2016).

188. Uno studio del registro Svedese su oltre 23.000 adolescenti e giovani adulti trattati con metilfenidato per l’ADHD, non ha trovato prove di un’associazione tra psicosi e trattamento con metilfenidato. Un anno dopo l’inizio del trattamento con metilfenidato, l’incidenza di eventi psicotici, rispetto al periodo immediatamente prima dell’inizio del trattamento, era inferiore del 36% in quelli con una storia di psicosi e inferiore del 18% in quelli senza una storia di psicosi (Hollis et al., 2019).

 

12.5. Uso improprio e diversione di farmaci stimolanti

189. Una revisione sistematica di 109 studi ha concluso che, l’uso non terapeutico di farmaci stimolanti prescritti, è un problema di salute pubblica significativo, specialmente tra gli studenti universitari. La maggior parte dell’uso non terapeutico è associato ad efficacia nulla o minore, ma in alcuni individui si verificano eventi avversi, inclusa la morte, in particolare se i farmaci sono somministrati per vie non orali. Il miglioramento delle prestazioni accademiche e professionali è la motivazione più comunemente citata per l’uso non terapeutico di farmaci stimolanti, ma ci sono poche prove che il rendimento scolastico sia migliorato dall’uso non terapeutico in individui senza ADHD (Faraone et al., 2020).

190. L’uso non terapeutico dei farmaci stimolanti prescritti, in individui senza ADHD, è associato a un livello di istruzione inferiore. Uno studio prospettico statunitense ha seguito un campione rappresentativo a livello nazionale di oltre 8.300 studenti delle scuole superiori dai 18 ai 35 anni. Coloro che usavano farmaci stimolanti senza prescrizione medica avevano il 17% in meno di probabilità di conseguire una laurea rispetto a coloro che non avevano né cure mediche né uso non terapeutico di farmaci stimolanti (McCabe et al., 2017).

191. Uno studio retrospettivo ha confrontato 4,4 milioni di persone che hanno assunto farmaci per l’ADHD con 6,1 milioni di persone che hanno assunto farmaci per l’asma. L’aver ottenuto prescrizioni da più prescrittori o l’utilizzo di prescrizioni in più farmacie era strettamente correlato ad abuso, uso improprio e diversione [13]. Questi comportamenti di “shopping” erano quattro volte più frequenti nel gruppo con ADHD rispetto al gruppo con asma. I farmaci stimolanti prescritti avevano una probabilità otto volte maggiore di indurre in comportamenti di “shopping” rispetto ai farmaci non stimolanti prescritti, ma solo una persona su 250, con prescrizioni di farmaci stimolanti, era coinvolta in comportamenti di “shopping” (Cepeda et al., 2014).

192. Uno studio Statunitense su oltre 440.000 intervistati ha rilevato che l’uso illegale di farmaci, che necessitano di prescrizione o altro uso improprio di farmaci, supera in più di tre casi su quattro l’uso non terapeutico di farmaci per l’ADHD (Sweeney et al., 2013).

193. Uno studio ha esaminato i dati di dispensazione delle farmacie nazionali Svedesi per tutti i 56.922 individui che hanno presentato una prescrizione di metilfenidato tra il 2010 e il 2011. 4.304 dei consumatori di metilfenidato (il 7,6%) hanno abusato di farmaci rispetto alle prescrizioni rilasciate. L’abuso è stato 17 volte più frequente per i pazienti tra i 46 e i 65 anni rispetto ai pazienti di 6-12 anni. L’abuso era due volte più frequente tra quelli con precedente storia di abuso di alcol e droga (Bjerkeli et al., 2018).

194. Ampi studi sulle chiamate ricevute dai centri antiveleni Statunitensi, relativi ai farmaci per l’ADHD, rilevano che un’esposizione volontaria, incluso il sospetto suicidio e l’abuso e/o uso improprio di farmaci, è correlata al ricovero nelle unità di terapia intensiva, e raramente alla morte, specialmente se i farmaci vengono sniffati o iniettati (Faraone et al., 2019aKing et al., 2018).

 

13. Quali trattamenti non farmacologici sono sicuri ed efficaci per l’ADHD?

Sono stati proposti molti trattamenti non farmacologici per l’ADHD. La maggior parte di quelli offerti su internet non sono stati testati o hanno dimostrato di non essere efficaci. In questa sezione, distinguiamo tra gli effetti di un trattamento per i sintomi dell’ADHD e altri benefici che può portare. A causa del modo in cui queste terapie vengono implementate e registrate nella cartella clinica, non sono possibili studi naturalistici su larga scala per valutare gli esiti a lungo termine.

 

13.1. Terapie comportamentali e cognitivo-comportamentali

I trattamenti comportamentali per l’ADHD sono di natura diversa e hanno un contenuto e un focus diverso a seconda dell’età del paziente. Per i bambini in età prescolare e le scuole elementari, i genitori vengono formati per migliorare il loro metodo di disciplina e di interazione con i loro figli. Per adolescenti e adulti, la terapia aiuta i pazienti a migliorare le loro capacità organizzative. Per alcuni pazienti, gli insegnanti contribuiscono a un programma volto a migliorare il comportamento del bambino. Alcune di queste terapie si concentrano sul miglioramento dei comportamenti sociali e sullo sviluppo di abilità pratiche. In questa sezione, tuttavia, ci concentriamo solo sulla capacità di tali trattamenti di migliorare i sintomi dell’ADHD. I lettori dovrebbero tenere presente che il fallimento di un trattamento per migliorare sostanzialmente i sintomi dell’ADHD non significa che non sia utile per altri scopi.

195. Una meta-analisi ha rilevato che, la formazione dei genitori per bambini in età prescolare con ADHD, è associata a una moderata riduzione dei sintomi di ADHD riportati dai genitori (15 studi, pochi con controlli attivi, oltre un migliaio di partecipanti) e problemi di comportamento; (14 studi, pochi con controlli attivi, oltre un migliaio di partecipanti), ma nessun risultato significativo per i sintomi di ADHD valutati in modo indipendente (6 studi, con 403 partecipanti) e problemi di comportamento (6 studi, con 311 partecipanti). Valutazioni indipendenti hanno riportato una piccola riduzione della gestione negativa da parte dei genitori (10 studi, con 771 partecipanti) (Rimestad et al., 2019).

196. Una meta-analisi di 19 studi sulla terapia cognitivo-comportamentale (CBT) per adulti con ADHD che includeva 896 partecipanti. Ha trovato relazione con miglioramenti moderati nei sintomi di ADHD auto-riportati e nel funzionamento auto-riferito. Ma se ci limitiamo a valutare i due studi con controlli attivi e valutatori in cieco (N = 244 partecipanti), sono stati trovati solo piccoli miglioramenti (Knouse et al., 2017). In un’altra meta-analisi di 160 pazienti con ADHD adulti, la CBT ha portato a miglioramenti da ampi a moderati rispetto ai controlli in lista d’attesa in tre studi su 191 pazienti la CBT ha portato a miglioramenti da piccoli a moderati rispetto ai controlli attivi (Young et al., 2020).

197. Una meta-analisi di 32 studi con oltre duemila partecipanti ha rilevato che il training cognitivo ha portato a miglioramenti da livelli lievi a moderati nelle funzioni esecutive nei bambini in età prescolare con ADHD (Scionti et al., 2019).

198. Una meta-analisi ha esplorato l’efficacia della terapia basata sulla meditazione. Ha rilevato riduzioni moderate dei sintomi dell’ADHD sia nei bambini che negli adolescenti (6 RCT, con 240 partecipanti) e negli adulti (6 RCT, con 339 partecipanti), ma metà degli studi non ha utilizzato controlli attivi. L’eliminazione degli studi con controlli in lista d’attesa ha reso i risultati non significativi. Gli autori hanno concluso che “non ci sono prove metodologicamente valide per supportare la raccomandazione di terapie basate sulla meditazione come intervento mirato ad agire sui sintomi principali dell’ADHD o le disfunzioni neuropsicologiche correlate in bambini/adolescenti o adulti con ADHD” (Zhang et al., 2018).

199. Una meta-analisi ha rilevato che un percorso di formazione sulle abilità sociali per i giovani con ADHD non ha migliorato le abilità sociali valutate dagli insegnanti (11 studi, con oltre 1.200 giovani), il comportamento generale (8 studi, con oltre 1.000 giovani) o il rendimento scolastico e i voti (5 studi, con oltre 600 giovani) (Storebø et al., 2019).

200. Una meta-analisi di dieci studi con 893 giovani ha riportato che gli interventi sulle capacità organizzative hanno portato a riduzioni moderate dei sintomi di disattenzione riferiti dai genitori (Bikic et al., 2017).

 

13.2. Training cognitivi al computer e neurofeedback

201. Una meta-analisi di cinque studi randomizzati controllati (RCT) con 263 partecipanti che esplorano l’efficacia del neurofeedback ha rilevato una piccola riduzione della disattenzione, ma nessuna riduzione significativa dell’iperattività-impulsività o dei sintomi complessivi dell’ADHD con valutazioni di esaminatori presumibilmente in cieco (i ricercatori che misurano i risultati dei test non sapevano se i pazienti stavano ricevendo il trattamento attivo o di controllo) (Micoulaud-Franchi et al., 2014). Una meta-analisi più recente di dieci RCT con 256 partecipanti non ha riscontrato alcun effetto sui sintomi di disattenzione, ma una riduzione da lieve a media dei sintomi di iperattività-impulsività (Van Doren et al., 2019).

202. “The European ADHD Guidelines Group” ha pubblicato una meta-analisi sulla formazione cognitiva e del neurofeedback per i giovani. Presumibilmente studi su training cognitivi in cieco con controlli attivi (6 studi, con 287 giovani) non hanno riportato alcuna riduzione significativa dei sintomi dell’ADHD. Ma hanno riscontrato miglioramenti moderati nella memoria di lavoro verbale (5 studi, con 263 giovani). Non ci sono stati effetti significativi sui risultati accademici in matematica e nella lettura (95 studi, con 290 giovani) (Cortese et al., 2015). Studi di neurofeedback in cieco con controlli attivi/fittizi (6 studi, 251 partecipanti) non hanno riscontrato una riduzione significativa dei sintomi dell’ADHD (Cortese et al., 2016a).

203. Una meta-analisi ha rilevato che, l’allenamento della memoria di lavoro ha portato a miglioramenti a breve termine, sia nella memoria di lavoro verbale (21 studi, con oltre 1.300 partecipanti) che nella memoria di lavoro visuo-spaziale (18 studi, con oltre 1.000 partecipanti), senza “alcuna prova convincente che anche tali effetti di near-transfer [14] siano duraturi”. Inoltre, la maggior parte degli studi mancava di controlli attivi (Melby-Lervag e Hulme, 2013).

 

13.3. Integratori, dieta ed esercizio fisico

204. L’integrazione di acidi grassi Omega-3 è stata associata a miglioramenti da lievi a medi dei sintomi dell’ADHD in tre meta-analisi (dieci studi con 699 partecipanti, 16 studi con 1.408 partecipanti, 7 studi con 534 partecipanti) (Bloch e Qawasmi, 2011Chang et al., 2018Hawkey e Nigg, 2014). Un’altra meta-analisi, con 18 studi e 1.640 partecipanti, ha trovato piccoli miglioramenti (Puri e Martins, 2014).

205. Una meta-analisi non ha trovato prove di alcun effetto degli integratori di acidi grassi omega-3 sui sintomi di instabilità emotiva valutati dai genitori (5 studi, con 650 bambini) o dagli insegnanti (3 studi, con 598 bambini) o sui sintomi oppositivi nei bambini con ADHD valutati dai genitori (8 studi, con 875 bambini) o dagli insegnanti (6 studi, con 805 bambini) (Cooper et al., 2016).

206. Una meta-analisi di cinque studi incrociati in doppio cieco con 164 partecipanti ha scoperto che la limitazione dei coloranti alimentari sintetici dalle diete dei bambini era associata a una piccola riduzione dei sintomi dell’ADHD (Nigg et al., 2012).

207. Una meta-analisi di dieci studi (300 bambini) ha rilevato che l’esercizio fisico era associato a una moderata riduzione dei sintomi dell’ADHD, ma non ha avuto effetti significativi dopo l’adeguamento per il bias di pubblicazione (Vysniauske et al., 2020). Un’altra meta-analisi non ha trovato alcun effetto significativo dell’esercizio sull’iperattività/impulsività (4 studi, con 227 partecipanti) o sui sintomi di disattenzione (6 studi, 277 partecipanti), ma riduzioni significative di ansia e depressione (5 studi, con 164 partecipanti) (Zang, 2019).

208. Uno studio sulla popolazione a livello nazionale utilizzando il “Registro Svedese dei gemelli” ha identificato quasi 18.000 gemelli che hanno completato un esame online sulla relazione tra disattenzione e sottotipi di iperattività / impulsività e abitudini alimentari. I due sottotipi di ADHD hanno mostrato associazioni molto simili. Entrambi avevano associazione significativa con diete malsane. Entrambi avevano maggiori probabilità di mangiare cibi ricchi di zuccheri aggiunti e trascurare frutta e verdura mentre mangiavano più carne e grassi. Dopo l’adeguamento per il grado di parentela dei gemelli (monozigoti o dizigotici) e il controllo per altro sottotipo di ADHD, le associazioni sono rimaste statisticamente significative per la disattenzione, ma sono diminuite a livelli trascurabili o sono diventate statisticamente non significative per iperattività / impulsività. Anche per le persone con sintomi di disattenzione, le correlazioni adattate erano di minore entità (non superavano mai r = 0,10), mentre le più forti erano per lo più correlate con abitudini alimentari malsane e con l’assunzione di cibi ricchi di zuccheri aggiunti. Tra le oltre 700 coppie di gemelli monozigoti (“identici”), ha trovato lievi ma solide associazioni tra sintomi di disattenzione e abitudini alimentari malsane, e soprattutto con il consumo di cibi ricchi di zuccheri aggiunti. Per i sintomi di iperattività / impulsività, l’associazione con abitudini alimentari malsane era più debole e l’associazione con il consumo di cibi ricchi di zuccheri aggiunti è diventata statisticamente insignificante (Li et al., 2020).

 

14. Discussione

Questo lavoro ha curato affermazioni basate sull’evidenza circa l’ADHD che dipingono un quadro del disturbo che riassumiamo come segue: L’ADHD è un disturbo cronico in cui sintomi di disattenzione e / o iperattività / impulsività si presentano non appropriati in rapporto con lo sviluppo e portano ad una compromissione in molti aspetti della vita. Il disturbo, che inizia nell’infanzia o nella prima adolescenza ed è più comune nei ragazzi che nelle ragazze, colpisce il 5,9% dei giovani e il 2,8% degli adulti in tutto il mondo. Esistono molteplici fattori di rischio genetici e ambientali che si accumulano in varie combinazioni per causare l’ADHD.

Questi fattori di rischio portano a sottili cambiamenti in più reti cerebrali che controllano i processi cognitivi, motivazionali ed emotivi. Le persone con diagnosi di ADHD hanno un rischio elevato di fallimento scolastico, comportamento antisociale, altri problemi psichiatrici, disturbi somatici, abuso di droghe e alcol, lesioni accidentali e morte prematura, compreso il suicidio tentato e portato a termine. Di conseguenza, l’ADHD costa alla società centinaia di miliardi di dollari ogni anno. Diversi farmaci sono sicuri ed efficaci per il trattamento dell’ADHD e per prevenire molti esiti negativi. Sono disponibili trattamenti non farmacologici ma, rispetto ai farmaci, sono meno efficaci per ridurre la disattenzione, l’iperattività e l’impulsività.

Nonostante questo grande quantità di prove, abbiamo molto da imparare sul disturbo e sulle sue varie manifestazioni. Studi epidemiologici ci hanno insegnato che l’ADHD si manifesta in tutto il mondo, ma sappiamo poco su come la cultura influenzi l’espressione dei sintomi dell’ADHD o la risposta al trattamento. Perché la maggior parte delle ricerche sull’ADHD si basa su soggetti caucasici e dell’asia orientale, dobbiamo essere cauti nel generalizzare le nostre affermazioni ad altri gruppi. Inoltre, molte più ricerche riguardano i maschi rispetto alle femmine. Abbiamo anche bisogno di saperne di più sull’ADHD negli anziani. La ricerca futura sull’ADHD dovrebbe esaminare soggetti più diversificati scelti da una gamma più ampia di contesti culturali.

Abbiamo imparato molto sulle cause dell’ADHD, ma stiamo solo iniziando a capire come i geni e l’ambiente si combinano per causare il disturbo e influenzare il cervello per produrre sintomi e compromissioni. Alcune di queste cause possono essere condivise con le comorbidità di origine organica dell’ADHD. Gli esempi includono stress ossidativo, infiammazione e resistenza all’insulina. Il lavoro futuro dovrebbe concentrarsi sui meccanismi causali biologici e psicologici per trovare punti di intervento che miglioreranno l’efficacia dei trattamenti farmacologici e non farmacologici, infine, prevengono l’insorgenza del disturbo. Sebbene i farmaci che trattano l’ADHD siano altamente efficaci, abbiamo bisogno di metodi migliori per prevenire l’uso improprio e la diversione di questi farmaci, specialmente tra adolescenti e giovani adulti (Faraone et al., 2020).

Molti decenni di ricerca hanno portato a un metodo di diagnosi dell’ADHD che è molto valido come indicatore predittivo della risposta al trattamento, storia familiare di ADHD, di molte caratteristiche cliniche, misure della struttura e della funzione cerebrale e degli esiti negativi. Tuttavia, ci sono diverse nuove direzioni per la diagnosi. Uno è comprendere meglio la natura e le cause dei sintomi emotivi nell’ADHD e se questi debbano essere incorporati nei criteri diagnostici (Faraone et al., 2019b). Un altro è determinare se e come i casi lievi o sotto soglia di ADHD dovrebbero essere diagnosticati e trattati (Kirova et al., 2019). Le diverse traiettorie dell’ADHD, durante il ciclo di vita, devono essere ulteriormente studiate.

Molti ricercatori stanno cercando di sviluppare test computerizzati o biologici utilizzando le informazioni sul comportamento del paziente, sul cervello e/o sulla composizione genetica. La speranza è che tali test un giorno possano diagnosticare il disturbo, prevedere un approccio personalizzato al trattamento o assistere i medici in queste aree. Altri stanno lavorando su metodi che utilizzano gli ampi dati disponibili dalle cartelle cliniche per prevedere quali pazienti con ADHD sono a maggior rischio di conseguenze negative più avanti nella vita. Un tale lavoro potrebbe un giorno consentire ai sistemi sanitari di assegnare risorse per i pazienti a più alto rischio.

Sebbene abbiamo buoni trattamenti per l’ADHD, anche i migliori trattamenti sono solo parzialmente efficaci. Il futuro del trattamento per l’ADHD includerà nuovi farmaci attualmente in fase di sviluppo e una più forte evidenza di efficacia per nuovi trattamenti non farmacologici per il trattamento dei sintomi dell’ADHD o dei disturbi associati, come la stimolazione del nervo trigemino (McGough et al., 2019) e trattamenti basati sul gioco (Craven e Groom, 2015Dovis et al., 2015).

E sono necessari più dati per migliorare i trattamenti non farmacologici esistenti e per testare l’efficacia delle terapie tradizionali come l’agopuntura, lo yoga e le terapie ayurvediche.

Inoltre, si sa poco su come i disturbi organici che si verificano in concomitanza con l’ADHD interagiscono con i trattamenti per l’ADHD e su come i sintomi del disturbo influenzano gli esiti somatici. Abbiamo bisogno di saperne di più su come la durata del trattamento influisce sui risultati per periodi di tempo più lunghi.

Sappiamo anche poco dello stigma e dell’ADHD. Gli atteggiamenti stigmatizzanti verso l’ADHD sono comuni e possono svolgere un ruolo in esiti socialmente e clinicamente importanti. Questi atteggiamenti negativi influenzano i pazienti in tutte le fasi della loro vita. Tali atteggiamenti sono stati documentati tra individui di tutte le età e in tutti i gruppi, inclusi famiglia, coetanei, insegnanti, medici e persino individui con ADHD stessi (Lebowitz, 2016). Malgrado queste e altre lacune nella nostra conoscenza dell’ADHD, quasi due secoli e mezzo dopo la prima descrizione da manuale di una sindrome simile all’ADHD, le affermazioni sull’ADHD che abbiamo curato, ci rendono sicuri che la diagnosi contemporanea del disturbo è una categoria valida e utile che può essere utilizzata in tutto il mondo per migliorare la vita delle tante persone che soffrono del disturbo e delle sue complicanze.

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Note

[1] Il Bias, o distorsione, è una modifica, intenzionale o non intenzionale, del disegno e/o della conduzione di uno studio clinico e dell’analisi e della valutazione dei dati, in grado di incidere sui risultati e renderli inattendibili.

[2] Funnel plot, o grafico a imbuto, mostra i risultati di un’analisi per verificare l’esistenza di bias di pubblicazione; i grafici a imbuto sono comunemente usati nelle meta-analisi. In assenza di bias di pubblicazione, si presume che gli studi con alta precisione verranno tracciati vicino alla media e gli studi con bassa precisione verranno distribuiti uniformemente su entrambi i lati della media, creando una distribuzione a forma di imbuto. La deviazione da questa forma può indicare un errore di pubblicazione.

[3] La meta-analisi è una tecnica quantitativa che permette di combinare i dati di più studi condotti su di uno stesso argomento, generando un unico dato conclusivo per rispondere a uno specifico quesito clinico. La combinazione dei dati diminuisce l’imprecisione dei risultati dei singoli studi e può essere utilizzata in tutte le discipline scientifiche e mediche.

[4] Uno studio di coorte è una forma di studio osservazionale usato nella medicina, e in altri settori. Consiste in un’analisi dei fattori di rischio, segue un campione di persone prive di malattia (controlli) e usa correlazioni per determinare il rischio assoluto per un soggetto di contrarne. Gli studi di coorte riguardano soprattutto la storia e la vita di segmenti di popolazioni e degli individui che li compongono. Gli studi di coorte possono essere condotti prospettivamente (dove i gruppi sono definiti prima che lo studio sia completato), retrospettivamente (dove si definiscono i gruppi dopo la raccolta dei dati o con dati archiviati). I dati vengono raccolti tramite la documentazione clinica esistente come le schede di dimissione ospedaliera (SDO), certificati di morte, archivi dei medici di base, ecc. Sono considerati i più rigorosi fra gli studi osservazionali e rappresentano la modalità più corretta per calcolare i tassi di incidenza e di mortalità.

[5] somàtico agg. [dal gr. σωματικός, der. di σῶμα -ατος «corpo»; nel sign. 2, der. di soma2] (pl. m. -ci). – 1. Nel linguaggio scient., che si riferisce al corpo umano: caratteri s.misure s.; anche, che è in relazione con cause organiche (e non psichiche): malattia s.sintomi somatici2. In biologia, del soma, che si riferisce al soma: cellule s. (contrapp. al complesso delle cellule germinali); variazione o modificazione s.mutazione somatica.

[6] quantili sono utilizzati in statistica per frazionare in N parti uguali un insieme di dati numerici disposti in ordine progressivo crescente o decrescente. I quantili di ordini “semplici”, ad esempio quelli espressi come frazioni m/n vengono anche chiamati a seconda del denominatore della frazione ad esempio i terzili sono quantili che suddividono la seriazione in tre parti uguali M/3. Ogni terzile identifica 1/3 della seriazione (primo terzile, secondo terzile, terzo terzile). I quintili sono quantili che suddividono la seriazione in cinque parti uguali m/5.

[7] In statistica, un confondente (o variabile confondente o fattore confondente) è una variabile casuale che influenza sia le variabili dipendenti che le variabili indipendenti, causando una associazione spuria. La ricerca e la considerazione o meno di questi fattori confondenti sono essenziali in uno studio epidemiologico.

[8] Lo psichiatra infantile Michael Rutter è considerato un altro grande pioniere degli studi sulla resilienza (la capacità di un individuo di affrontare e superare un evento traumatico o un periodo di difficoltà. Si è occupato dell’influenza della famiglia e della scuola, della deprivazione, dei fattori di rischio biologici e sociali, sui comportamenti disadattivi dei bambini, sottolineando la relazione tra genetica e contesto sociale. Rutter mostrò come un numero cospicuo dei bambini inclusi nel suo campione di ricerca risultassero in piena salute mentale e ben adattati. Lo studioso cominciò a parlare di risposta positiva di un soggetto allo stress e alle condizioni avverse, intendendo come positiva l’assenza di disturbi psicopatologici.

[9] Rule violation: Una buona prestazione cognitiva richiede il rispetto di regole specifiche per l’attività da svolgere. I pazienti con malattie neurologiche spesso commettono errori di violazione delle procedure durante i test cognitivi. Il comportamento impulsivo è una caratteristica diagnostica fondamentale del DSM-5 del disturbo da deficit di attenzione/iperattività (ADHD) che è associato a diversi esiti peggiorativi. Gli studio ha esaminato i correlati neuroanatomici degli errori di violazione delle regole (RV) effettuati sui test di funzionamento esecutivo.

[10] Delay discounting è la tendenza a preferire una ricompensa più piccola subito invece di resistere alla tentazione di un piacere immediato per avere una ricompensa maggiore ma per la quale però, è necessario aspettare.

[11] Delay gratification (Ritardo della gratificazione): l’atto di resistere a un impulso a prendere una ricompensa immediatamente disponibile nella speranza di ottenere una ricompensa più apprezzata in futuro. La capacità di ritardare la gratificazione è essenziale per l’autoregolazione o autocontrollo.

[12] La mismatch negativity (MMN) chiamata anche negatività da discordanza, è una componente dell’onda cerebrale suscitata in risposta a uno stimolo discordante in una sequenza di stimoli. Nel caso degli stimoli uditivi, la MMN si verifica dopo un cambiamento poco frequente ad esempio, un suono raro deviante “d” può essere disperso nel mezzo di una lunga sequenza standard di frequenti suoni “s” (ad es., s s s s s s s s s d s s s s s s d s s s d s s s s…). La risposta MMN può essere ricavata a prescindere dal fatto che il soggetto presti o meno attenzione alla sequenza. L’onda emerge dall’attività elettrica nel cervello, si rileva particolari esami e viene studiata all’interno dell’ambito delle neuroscienze cognitive.

[13] Quando un farmaco viene utilizzato con modalità diverse da quelle prescritte per le dosi o per la via di somministrazione si parla di “misuso”. Quando viene ceduto ad altri di “diversione”. Prevalentemente viene ceduto a scopo di lucro. Il fenomeno della diversione interessa ogni tipo di paziente e di medico, sia di medicina generale che specialista, e può portare alla comparsa di intossicazioni, effetti collaterali, fenomeni di abuso e dipendenza. Numerosi sono i problemi di tipo clinico, organizzativo e legale, in particolare per le eventuali responsabilità nell’affidamento del farmaco.

[14] Near transfer si riferisce all’applicazione/trasferimento di un dato apprendimento a situazioni vicine/simili (near) a quella del contesto di apprendimento. È necessario distinguere il near transfer, che si riferisce all’applicazione dei contenuti appresi a situazioni già conosciute (ad esempio attività da svolgere tutte le volte allo stesso modo) dal far transfer, che richiede allo studente di adattare le sue conoscenze/abilità ad ogni nuova situazione che si trova di volta in volta ad affrontare.

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