AIFAnewsletter n.24 del 18/03/2003

SPECIALE CONSENSUS NAZIONALE ADHD – CAGLIARI 6-7 MARZO 2003

 

INDICAZIONI E STRATEGIE TERAPEUTICHE

PER I BAMBINI

E GLI ADOLESCENTI

CON

DISTURBO DA DEFICIT DI ATTENZIONE E IPERATTIVITA’

Conferenza Nazionale di Consenso

Le Società Scientifiche, le Associazioni,

le Istituzioni… propongono

Cagliari, 6-7 marzo 2003


RELAZIONE CONFERENZA

 di Raffaele D’Errico, Presidente AIFA Onlus

 Presentazione

 E’ con grande piacere che mi sono dedicato a riunire in questo documento tutto il materiale prodotto dal Convegno Consensus sull’ADHD, per lasciare traccia di una passo utile e necessario per il riconoscimento di un disturbo tanto frequente quando misconosciuto in Italia, sperando che per il suo tramite tante famiglie e bambini ADHD possano giovarsi di diagnosi e terapie adeguate al raggiungimento di quello status di salute psicofisica tanto auspicato anche dal Piano Sanitario Nazionale e ancora così poco attuato nei confronti di questi bambini.

Un sentito ringraziamento va ad Alessandro Zuddas e Maurizio Bonati per aver promosso e organizzato questo incontro e alla sensibilità di tutte le società scientifiche e le associazioni che con grande umanità, umiltà e professionalità si sono strette attorno ad un tavolo per discutere del bambino ADHD in quell’ottica proposta anche dall’On.Guidi di “fare comunità” per venire incontro ai bisogni della gente e nello specifico delle famiglie e dei bambini, ragazzi e adolescenti affetti da un importante disturbo biologico della sfera comportamentale.

Auspico la massima diffusione e lettura di questo documento soprattutto tra i pediatri di famiglia, i medici, gli ambulatori di neuropsichiatria, le scuole, gli psicologi, i centri di riabilitazione e i giornalisti perché si diffonda la cultura dei disturbi psichiatrici dell’età evolutiva e la possibilità di cura e riabilitazione in un’ottica di prevenzione dei possibili danni nell’età adulta.

 

Introduzione

Si è svolta nei giorni 6-7 marzo 2003 presso la biblioteca del Dipartimento di Scienze Pediatriche dell’Università di Cagliari, su iniziativa di Alessandro Zuddas e Maurizio Bonati, la Conferenza Nazionale di Consenso sull’ADHD dal titolo “Indicazioni e strategie terapeutiche per i bambini e gli adolescenti con disturbo da deficit attentivo e iperattività”.

La Conferenza ha stretto attorno ad un grosso tavolo rettangolare i rappresentanti delle principali società scientifiche e associazioni invitati ad esprimere le proprie opinioni e a firmare il documento conclusivo.

Gli obiettivi della conferenza sono stati definiti alla luce di questa premessa. La probabile reintroduzione in commercio in Italia del metilfenidato per la terapia del disturbo da deficit dell’attenzione e iperattività (o ADHD, acronimo per la definizione anglosassone di Attention Deficit/Hyperactivity Disorder), ha stimolato un’intensa discussione sia in ambiti professionali e scientifici che sulla stampa d’informazione. Tale discussione, purtroppo non sempre ancorata ai principi della medicina basata sull’evidenza ha spesso suscitato sconcerto e confusione tra gli operatori della salute e nell’opinione pubblica, alimentati anche dalla mancanza di indicazioni operative nazionali, efficaci e condivise.

Con la partecipazione delle competenze più direttamente coinvolte a garantire la miglior assistenza ai bambini e agli adolescenti con ADHD la Conferenza Nazionale di Consenso si è proposta, tramite l’identificazione di strumenti e percorsi, di delineare approcci diagnostici-terapeutici condivisi dalle diverse figure professionali coinvolte nell’individuazione e gestione dell’ADHD, consentire la formulazione di un protocollo formale di studio, prospettico e nazionale che consenta di stimare la prevalenza dell’ADHD nella popolazione pediatrica italiana, caratterizzandone i sottogruppi e indicando potenziali fattori di rischio e comorbidità, valutare l’efficacia delle diagnosi e delle terapie e l’efficienza della rete di servizi coinvolti, costituire una coorte di “primi casi” che potrebbero poi essere seguiti a lungo tempo, indipendentemente dalla durata dello studio, così da descrivere l’evoluzione clinica e le potenziali sequele psicosociali.

 

Il programma

 Giovedì 6 Marzo 2003                                                                                                                         

Introduzione: Alessandro Zuddas, Maurizio Bonati

 Hanno coordinano: Gian Luigi Gessa, Carlo Cianchetti

 Presentazione clinica e diagnosi differenziale ed evoluzione del disturbo: Gabriele Masi

La neurobiologia del disturbo e il razionale delle terapie: Alessandro Zuddas

Gli interventi psicoeducativi a casa e a scuola: Gian Marco Marzocchi

Le terapie farmacologiche: Maurizio Bonati

L’organizzazione dei servizi e le modalità di intervento integrato: Dante Besana

I provvedimenti della Commissione Unica del Farmaco: Filippo Drago

 Venerdì 7 Marzo 2003

Le Società Scientifiche, le Associazioni, le Istituzioni, … propongono:

 Hanno coordinato: Silvio Garattini, Pietro Besana

Le linee guida della Società Italiana di Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza (SINPIA): Carlo Cianchetti

 Sono intervenuti:

Società Italiana di Pediatria (SIP) – Carlo Pintor

Società Italiana di Psichiatria – Bernardo Carpiniello

Società Italiana di Farmacologia (SIF) – Vincenzo Cuomo

Associazione Culturale Pediatri (ACP) – Carlo Calzone

Centro Salute del Bambino (CSB) – Franco Dessì

Associazione Italiana Famiglie ADHD (AIFA) – Raffaele D’Errico

Associazione Italiana Disturbi Attenzione e Iperattività (AIDAI) – Massimo Omerini

 

Hanno aderito alla Conferenza e contribuito alla stesura della bozza di documento finale, ma impossibilitati a partecipare personalmente per sopraggiunti impedimenti accademici e/o istituzionali: Paolo Curatolo, Professore Ordinario di Neuropsichiatria Infantile, Università di Roma “Tor Vergata”, Giunta del Collegio Nazionale dei Docenti di Neuropsichiatria Infantile, Presidente della International Child Neurology Association (ICNA); Paolo Cancheri, Professore Ordinario di Psichiatria, Università di Roma “La Sapienza”, Presidente Società Italiana di Psicopatologia; Walter Fratta, Professore Professore Ordinario di Farmacologia, Dip. Neuroscienze Università di Cagliari, Consiglio direttivo Società Italiana di NeuroPsicofarmacologia; Cesare Cornoldi, Professore Ordinario di Psicologia Generale, Università di Padova, Presidente Associazione Italiana Ricerca e Intervento in Psicopatologia dell’Apprendimento; Pierluigi Morosini,Istituto Superiore di Sanità Roma.

A ciascuno dei relatori è stato chiesto di presentare e discutere il proprio tema in termini di: situazione attuale, limiti e inadempienze, criteri e modalità di miglioramento, mentre ai rappresentanti delle Società Scientifiche, delle Associazioni e delle Istituzioni è stato chiesto di presentare, in modo sintetico, le proprie proposte e suggerimenti in relazione agli obiettivi della Conferenza. Al termine della Conferenza è stato preparato un documento collegiale, contenente le indicazioni e le strategie individuate dai partecipanti.

Invitati

Dante Besana

Responsabile Neuropsichiatria Infantile

Ospedale Infantile Azienda Ospedaliera Nazionale di Alessandria

Vice-Presidente della Società Italiana di Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza

Maurizio Bonati

Laboratorio per la Salute Materno-Infantile

Istituto Scienze Farmacologiche “Mario Negri” Milano

 

Carlo Calzone

Neuropsichiatra Infantile, Matera

Direttivo Nazionale “Associazione Culturale Pediatri”

 

Bernardo Carpiniello

Professore Ordinario di Psichiatria, Università di Cagliari

Consiglio Direttivo della Società Italiana di Pscichiatria

 

Carlo Cianchetti

Professore Ordinario di neuropsichiatria Infantile

Direttore Clinica di Neuropsichiatria Infantile, Università di Cagliari

Presidente della Società Italiana di Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza

 

Cesare Cornoldi

Professore Ordinario di Psicologia Generale, Università di Padova

Presidente Associazione Italiana Ricerca e Intervento in Psicopatologia dell’Apprendimento

 

Vincenzo Cuomo

Professore Ordinario di Farmacologia, Università di Roma “La Sapienza”

Presidente della Società Italiana di Farmacologia

 

Paolo Curatolo

Professore Ordinario di Neuropsichiatria Infantile, Università di Roma “Tor Vergata”

Giunta del Collegio Nazionale dei Docenti di Neuropsichiatria Infantile

Presidente della International Child Neurology Association (ICNA)

 

Franco Dessi

Pediatra di Famiglia, Narbolia, Oristano

Direttivo Nazionale “Centro Salute del Bambino”

 

Raffaele D’Errico

Pediatra di Famiglia, Napoli

Presidente Associazione Italiana Famiglie ADHD

 

Filippo Drago

Professore Ordinario di Farmacologia, Università di Catania

Membro della Commissione Unica del Framaco (Ministero della Salute)

 

Walter Fratta

Professore Professore Ordinario di Farmacologia, Dip. Neuroscienze Università di Cagliari

Consiglio direttivo Società Italiana di NeuroPsicofarmacologia

 

Fabio Gava

Assessore alla Sanità della Regione Veneto

Coordinatore degli Assessori alla Sanità per la Conferenza delle Regioni

 

Silvio Garattini

Direttore Istituto Scienze Farmacologiche “Mario Negri” Milano

 

GianLuigi Gessa

Professore Professore Ordinario di Farmacologia

Direttore Dipartimento di Neuroscienze Università di Cagliari

 

GianMarco Marzocchi

Cognitive Neuroscience; International School for Advanced Studies, SISSA, Trieste

Presidente Associazione Italiana Deficit Attentivi Iperattività

 

Gabriele Masi

IRCCS “Fondazione Stella Maris, Calambrone (Pisa)

 

Pierluigi Morosini

Istituto Superiore di Sanità Roma

 

Massimo Omerini

Associazione Italiana Deficit Attentivi Iperattività

 

Paolo Pancheri

Professore Ordinario di Psichiatria, Univeristà di Roma “La Sapienza”

Presidente Società Italiana di Psicopatologia

 

Carlo Pintor

Professore Ordinario di Pediatria,

Direttore del Dipartimento Scienze Pediatriche , Università di Cagliari.

Delegato del Presidente Società Italiana di Pediatria

 

Alessandro Zuddas

Professore Associato di Neuropsichiatria Infantile

Dipartimento di Neuroscienze Università di Cagliari

Invitati e impossibilitati a partecipare: Antonio Guidi e Nello Martini Ministero della salute, Fabio Gava coordinatore degli Assessori alla Sanità per la Conferenza delle Regioni, Pierluigi Tucci Federazione Italiana Medici Pediatri

 

Hanno partecipato: Dante Besana, Maurizio Bonati, Carlo Calzone, Bernardo Carpiniello, Carlo Cianchetti, Franco Dessi, Raffaele D’Errico, Filippo Drago, Silvio Garattini, Gian Marco Marzocchi, Gabriele Masi, Massimo Omerini, Carlo Pintor, Alessandro Zuddas.

 

Convegno primo giorno

Maurizio Bonati

Laboratorio per la Salute Materno-Infantile

Istituto Scienze Farmacologiche “Mario Negri” Milano

Questo pomeriggio – introduce il Dr.Bonati – sarà dedicato a formulare lo stato dell’arte sull’ADHD in modo da arrivare a chiudere quel gap conoscitivo e pratico su questo problema assieme a tutti i suoi “attori”. Il background è il metilfenidato nella terapia dell’ADHD nell’età evolutiva (Ministero della Salute BIF nov-dic. 2001 n.6) con la finalità di stilare due-tre punti essenziali su cui far confluire tutti i nostri sforzi e gli impegni. Nella realtà non si parla di nulla di nuovo se consideriamo che il primo studio formale sul metilfenidato prodotto negli Stati Uniti è datato 1965. Il grosso problema, invece, è quello epidemiologico. Circa la prevalenza dell’ADHD, infatti, abbiamo studi che partono dalla scuola e che mostrano una prevalenza del 5.5-8.5%; studi eseguiti nella comunità presso gli ambulatori medici danno una stima dell’8.2-12%; studi fatti in centri di riferimento mostrano invece prevalenze ancora più alte. Questo cosa significa? Che non sono dati veri! La grossa variabilità dipende dal metodo con cui stimiamo la prevalenza. In Italia abbiamo un primo studio del 1993 (Gallucci) fatto nelle scuole e che mostra una prevalenza del 3.60%; un secondo studio eseguito a Torino nel 1998 presso gli ambulatori dei Pediatri di famiglia (Pdf) e che mostra un 2.52%; un terzo a Roma nel 1999 fatto da Pediatri di famiglia che identificavano gli ipotetici pazienti e li inviavano a consulenza presso i NPI e che ha mostrato una prevalenza dell’ 1.51%; in Friuli nel 2002, sempre fatto da Pdf, lo studio ha mostrato una prevalenza dello 0.43%; l’ultimo a Cesena nel 2003 ha identificato una prevalenza dell’1.10%.

Forse, quindi, potremmo dire che i bambini ADHD sono almeno l’1%, ma se non conosciamo bene la prevalenza come potremo stabilire quali sono i bisogni reali.

 

 

Gabriele Masi

IRCCS “Fondazione Stella Maris” Calabrone di Pisa

Il Dr.Masi introduce il secondo intervento dal titolo “Presentazione clinica, diagnosi differenziale: strumenti diagnostici ed evoluzione (storia naturale) del disturbo”, partendo dalle differenze tra i due manuali di descrizione dell’ADHD: quello americano DSM-IV e quello europeo ICD-10 dell’Organizzazione Mondiale della Sanità. Se entrambi i manuali presentano la descrizione degli stessi sintomi nei loro 18 items tra l’inattenzione, l’iperattività e l’impulsività, la differenza sostanziale tra i due è che mentre per fare diagnosi di ADHD con l’ICD-10 devono esistere comunque sintomi appartenenti a tutte e tre le categorie sintomatologiche senza i quali non è possibile parlare di questo disturbo, nel manuale americano si prendono in considerazione due gruppi di sintomi: la disattenzione da una parte e l’iperattività/impulsività d’altra. Questo criterio adottato dal DSM permette di riconoscere anche quelle forme subcliniche in cui può essere presente anche solo l’inattenzione: le forme cosiddette “parziali”. Questa pratica di usare un manuale o l’altro è la ragione per cui esistono differenze epidemiologiche e per il quale apparentemente ci sono delle sovrastime nella diagnosi di ADHD col DSM IV (3-5%) rispetto all’ICD-10 (1%). Il problema è che il manuale europeo impedisce di evidenziare quelle forme, certamente di più difficile valutazione nella diagnostica differenziale, e che sono le disattentive isolate o iperattive/impulsive isolate e che trascurate rappresenterebbero comunque causa di gravi disagi ed evoluzioni sfavorevoli.

L’ADHD è più frequente nei maschi nei quali oltretutto sono più frequenti anche le comorbilità. Grossa attenzione meritano le forme più gravi per le complicanze secondarie insorte al mancato trattamento, le difficoltà scolastiche, la bassa autostima e l’importante disturbo comportamentale.

L’ADHD in età prescolare può manifestarsi con elevata iperattività, crisi di rabbia, litigiosità, provocatorietà, scarso appetito, mentre in età scolare saranno più evidenti i deficit cognitivi.

Cosa accadrà in età adolescenziale ovvero si guarirà dall’ADHD? Quello che sappiamo – dice Masi – è che circa 1/3 di questi bambini mantiene in età adulta il grado di iperattività, di difficoltà scolastica e instabilità nelle scelte; un altro terzo manifesterà un certo grado clinico di ADHD con delle “cicatrici” e dei ritardi accumulatisi nel periodo evolutivo; un ultimo terzo rimane col disturbo e un discontrollo negli impulsi ed è quello che evolve malignamente.

Se l’ADHD ha un chiaro substrato genetico esistono comunque dei mediatori prognostici e che sono le condizioni ambientali, la familiarità, le comorbilità. L’associazione con altri disturbi psichiatrici (comorbilità) si verifica in un 50-70% dei casi di ADHD e condiziona l’espressività del disturbo primario, la prognosi e il trattamento.

La diagnosi si fonda sulla raccolta di informazioni da fonti multiple e l’esecuzione di test atti a valutare l’associazione con comorbilità e la diagnosi differenziale con bambini vivaci, disturbi reattivi, affezioni e altri disturbi psicopatologici. Importantissimo sarà considerare la compromissione funzionale nell’iter diagnostico che, assieme alla soglia clinica, è legata ai contesti. Il massimo dell’attenzione è rappresentato dall’associazione ADHD-Disturbo della Condotta (DC).

Il nucleo di tutto l’iter diagnostico è caratterizzato dal dialogo con i genitori e la raccolta dalle notizie dalle altre fonti. Necessarie saranno anche le interviste strutturate o semistrutturate per esplorare tutti gli ambiti della psicopatologia. La scala più frequentemente utilizzata per esplorare l’ADHD è la CBCL, per l’ansia la MARS o PARS, per la depressione la CDI o CDRS. A questo fa seguito la valutazione medica generale, l’osservazione diretta, i test psicologici non dirimenti per la diagnosi ma importanti per la riabilitazione, le valutazioni cognitive (test che esplorano le funzioni cognitive) e le prove MT Cornoldi per valutare il livello di funzionamento scolastico.

 

 

Alessandro Zuddas

Professore Associato di Neuropsichiatria Infantile

Dipartimento di Neuroscienze Università di Cagliari

Il noto ricercatore sardo introduce una relazione dal titolo “L’ADHD è un disturbo neurobiologico”. Si sofferma all’inizio specificando il concetto di “attenzione”, i meccanismi che la sottendono e le specifiche aree che si attivano durante questi processi. Nei bambini ADHD è dimostrato che si attivano aree diverse e che la concezione del tempo è molto diversificata rispetto alla popolazione normale. Le performance, infatti, dei bambini ADHD diminuiscono in modo inversamente proporzionale col passare del tempo, quindi la loro attenzione diminuisce quando vengono utilizzati lunghi intervalli tra gli stimoli.

Diversa concezione del tempo, deficit di inibizione delle attività motorie, deficit di attivazione dell’aurosal: alla base di tutto questo – afferma Zuddas – c’è il cervello! Volumi cerebrali minori, in particolare i nuclei della base e alcune zone del cervelletto (lobuli) sottendo la morfologia dei cervelli dei soggetti ADHD. Le dimensioni dei nuclei della base si ricongiungono a quelle della popolazione “normale” all’età di 20 anni e anche se anatomicamente questa differenza si annulla dopo tutto questo tempo, la diversità iniziale è stata comunque causa di una scolarità “falsata”; le diverse dimensione di alcuni lobuli del cervelletto, invece, permangono nel tempo e spiegano le differenze nella concezione del tempo (dismetria cognitiva). Tutto questo, quindi non è solo differenza di forma, di anatomia. Nei test-strup si osserva che si attivano aree diverse, mentre alla base di tutto questo ci sono alterazioni dei recettori della dopamina. Il recettore D4 presenta numerosi polimorfismi (almeno dieci isoforme) e quella più frequentemente associata all’ADHD è la D4.7, mutazione comparsa circa centomila anni fa ma espressa quarantamila, proprio quando ci fu la comparsa del linguaggio (Evidence of positive selection acting at the human dopamine recetor D4 recept locus – gennaio 2003).

Il metilfenidato funziona negli animali da esperimento, nei test e benché simile ma non uguale alla struttura chimica della cocaina, non ha i suoi effetti anzi è stato dimostrato che la sua somministrazione riduce la possibilità di abuso in età adulta di sostanze stupefacenti. Il più grande studio condotto fino ad oggi, l’MTA canadese, ha dimostrato senza ombra di dubbio il suo effetto positivo nella cura dei soggetti affetti da ADHD.

 

Gian Marco Marzocchi

Cognitive Neuroscience; International School for Advanced Studies, SISSA, Trieste

Presidente Associazione Italiana Deficit Attentivi Iperattività

Il Dr.Marzocchi esamina lo status quo sugli interventi psicologici esistenti in Italia per il bambino ADHD: sul bambino, sulla scuola e sulla famiglia. L’intervento psicologico dovrebbe avere un effetto più a lungo termine perché insegna al bambino delle abilità.

Il bambino ADHD mostra problemi:

  • – nel set-shift (cambio rapido da un compito all’altro)
  • – nella memoria di lavoro
  • – nel controllo delle risposte impulsive
  • – nella pianificazione delle azioni
  • – nel monitoraggio della prestazione
  • – nel mantenimento dell’attenzione uditiva (“Quando parlo sembra non ascoltare!”)
  • – nel controllo dell’attenzione

 

Il Training cognitivo col bambino sarà caratterizzato da (Cornoldi 96):

  • – Autodistruzioni
  • – Problem solving
  • – Autoistruzioni
  • – Attribuzioni
  • – Autoriforzo
  • – Gestione delle emozioni
  • – Abilità sociali
  • – Controllo della rabbia e delle frustrazioni
  • – Abilità comunicative

 

Il Parent-Training (Vio, Marzocchi, Offredi 99):

  • – Favorire le modificazioni dei pensieri e degli atteggiamenti non positivi al cambiamento
  • – Favorire una migliore gestione delle problematiche cognitive e comportamentali dei ragazzi
  • – Il programma del PT prevede:
  • o Comprensione del problema
  • o Preparazione dei genitori al cambiamento
  • o La complessità del problema
  • o Scelte educative che favoriscano l’autoregolazione (regole)
  • o Individuazione dei comportamenti negativi del bambino
  • o Ampliare il proprio bagaglio di strategie
  • o Agire d’anticipo e con un piano in testa
  • o Il genitore come abile lavoro svolto

 

L’intervento di consulenza a scuola (Di Pietro et al 2001; Cornoldi et al 2001)

  • – Analisi delle attribuzioni degli insegnanti
  • – Predisposizione di un ambiente facilitante
  • – Gestione delle lezioni
  • – Gestione del comportamento
  • – Approccio metacognitivo
  • – Gestione dello stress delle insegnanti

 

Maurizio Bonati

Laboratorio per la Salute Materno-Infantile

Istituto Scienze Farmacologiche “Mario Negri” Milano

La maggior pletora di studi di efficacia (circa 1500 CTs) dimostrano senza ombra di dubbio il ruolo positivo del metilfenidato nei bambini ADHD. In poche altre situazioni patologiche c’è stato un dispendio di studi per dimostrare l’efficacia di un farmaco! Forse tutto questo è stato fatto più per un problema etico!

Metilfenidato (MTF), destranfetamina, imipramina e clonidina, in ordine, i farmaci di efficacia. C’è solo da discutere quando e come utilizzarli. Dalla Meline effettuata dal 1966 fino a dicembre 2000 si evincono:

7100 lavori sull’ADHD e 23727 RCTs. I questi 352 RCT in doppio cieco. 2712 lavori sul metilfenidato e 250122 Drug terapy. Quasi tutti sono studi statunitensi. Sulla base delle evidenze e dell’utilizzo possiamo dire che i farmaci di maggior efficacia appartengono alle seguenti categorie: Psicostimolanti, Inibitori specifici del reptake della Noradrenalina (Atomoxetina), Antidepressivi, Agonisti alfa2 noradrenergici, SSRIs. Il MTF è nettamente superiore al placebo come ampiamente dimostrato dal primo grosso e recente studio pubblicato nel febbraio 2001 e che ha cambiato la storia. E’ lo studio MTA canadese costato 30 milioni di dollari ed è il primo studio che è arrivato ad un follow-up fino a 14 mesi.

In Italia il MTF non è disponibile da oltre dieci anni, mentre sono presenti farmaci alternativi di terza scelta, spesso purtroppo utilizzati [n.d.r.] come l’imipramina, la clonidina e il modafinil.

 

 

Dante Besana

Neuropsichiatria infantile dell’Ospedale Infantile Azienda Ospedaliera Nazionale di Alessandria, Vice-presidente della SINPIA.

Premesse.

Prima premessa. La NPI è capillarmente e radicalmente rappresentata su tutto il territorio nazionale, con organizzazioni di I, II e III livello. Esiste quindi la possibilità di presa in carico in ogni ambito di bambini e ragazzi affetti da disturbi psichiatrici. Neuropsichiatri Infantili e Pediatri di famiglia rappresentano le principali figure di riferimento per educatori e insegnanti, per tutti quei casi di in attenzione, iperattività e impulsività che meritano consulenza medica.

Seconda premessa. I sintomi dell’ADHD, possono essere secondari ad etiologie diverse. Se il disturbo è presente nel 2-4% dei bambini vuol dire che la scuola deve comunque essere il luogo dove definire il problema.

Questi servizi capillarmente rappresentati devono essere comunque organizzati alla luce delle evidenze della medicina e la competenza deve appartenere al NPI, ma ci domandiamo:

  • – Quanti sono i casi?
  • – Quanti centri di riferimento esistono?
  • – Chi fa, cosa, dove e come?

 

Proposte.

  1. Creare almeno un centro di riferimento sull’ADHD per ogni regione con la funzione di:
  1. confermare l’ipotesi diagnostica
  2. prescrivere gli interventi terapeutici
  3. effettuare consulenza alle ASL
  4. verificare l’andamento clinico e dei percorsi terapeutici (follow-up )
  5. Fare ricerca
    1. Ambulatori ASL specifici ai quali spetterebbe la presa in carico del percorso terapeutico dell’ADHD in stretta collaborazione con i Centri di Riferimento e le Agenzie Educative;
    2. Percorsi formativi e informativi per tutti gli operatori della salute mentale in età evolutiva;
    3. Adeguati percorsi terapeutici. Gestione e responsabilità di tutto il percorso diagnostici/terapeutico spetterebbe al NPI della struttura di riferimento.

 

Filippo Drago

Professore ordinario di farmacologia Università di Catania, membro della CUF.

 In un contesto sociale come quello attuale nel quale viene messo a dura prova l’uso degli psicofarmaci nei bambini e il numero dei suicidi negli adolescenti è in crescita, il senso di questa consensus dovrebbe essere quello di:

  • – elaborare proposte concrete da trasmettere al territorio per la diagnosi e la terapia dell’ADHD;
  • – ricordare alle regioni che saranno chiamate a gestire il disturbo sul territorio;
  • – colmare un gap nel mondo scientifico circa la diagnosi, motivo che ha ritardato l’uso del metilfenidato e la sua reintroduzione in Italia.

Cosa bisognerà fare? Produrre qualcosa che potrà essere utilizzata dalla CUF definendo:

  • – La modalità di gestione dell’ADHD sul territorio (diagnosi/terapia);
  • – Come distinguere chi ha bisogno di terapia farmacologia (1%?) da chi non ha bisogno di MF (3%?);
  • – se esiste consenso circa l’uso della terapia combinata;
  • – a chi spetterà la gestione della terapia;
  • – il ruolo che compete ai vari specialisti;
  • – il percorso formativo dei sanitari;
  • – le risposte per definire la farmacovigilanza.

 

La storia del MF alla CUF.

La precedente commissione uscente (2000) lascia alla nuova commissione questa pratica già avviata di reintroduzione del MF in Italia dopo petizione di medici e genitori.

Il Ritalin venne introdotto in Italia nel 1952 per le compresse da 10 mg e nel 1958 per le fiale da 20 mg. Poi fu ritirato dal commercio per iniziativa della casa produttrice Novartis nel 1986 per le compresse e nel 1989 per le fiale. Il 28/10/2000 il Ministero della Salute incontra la Novartis e si decide di reintrodurre il farmaco, domanda che verrà approvata dalla sottocommissione. Verranno proposte le compresse da 10 mg, 20 mg e 20 mg a lento rilascio e tra le indicazioni verrà segnalato “Disturbi dell’attenzione con o senza iperattività (ADHD)”. Non viene approvata dalla CUF l’indicazione, richiesta dalla Novartis, per la narcolessia (maggio 2001). Poi, a causa del grosso “rumore” dei media, la pratica venne bloccata e la CUF decise di rivedere i giudizi sul farmaco per ovvi motivi di cautela. Da quel momento si sono sviluppati numerosi discorsi e altrettante riunioni nella CUF, basti pensare che il MF è stato in oggetto per almeno 12 volte dal maggio 2001. Nel luglio 2001 venne recepito un documento che ispirò un gruppo di lavoro nella CUF e nel settembre dello stesso anno questo gruppo di lavoro ebbe il suo primo incontro senza poi, però, proseguire nel suo impegno. Successivamente venne prodotto un documento da parte della sottocommissione e dal gruppo di esperti che ripercorreva le linee guida e la necessità di identificare dei centri regionali di riferimento. In sottocommissione di farmacovigilanza Zuddas venne chiamato assieme ad altri esperti e si comprese come il problema principale era la corretta diagnosi. Nell’ottobre del 2002 venne esitato così un documento per il decreto, decreto che poi venne stilato e approvato nel novembre del 2002 e che prevedeva la reintroduzione del Ritalin cpr 10 mg e 20 mg per l’indicazione già esposta. Dopo di che si è di nuovo tutto bloccato quando si è fatto osservare che il farmaco era posto nella tabella I degli stupefacenti e per tale motivo la sua prescrizione poteva essere limitata ad una trattamento per un periodo di 7 giorni, cosa che limiterebbe enormemente la pratica terapeutica che generalmente è a lungo termine. Per tale motivo si è deciso di riaggiornarsi con l’obiettivo di rivedere il decreto una volta che si fosse avuto il declassamento del farmaco alla IV tabella, passaggio obbligato. Su questo punto dovrà riunirsi la commissione il 18 marzo prossimo. In ogni caso l’attesa non è superflua dal momento che il decreto può essere ancora migliorato. L’articolo 4, per esempio, che prevede che le regioni individuino le strutture specialistiche che dovranno coordinarsi con i pediatri di famiglia e che ogni regione stabilisce le linee guida sul trattamento e programmi di farmacoutilizzazione., va rivisitato, così come l’articolo 5 che prevede che il Ministero della Salute elabori controlli e attivi informazione pubblica.

 

 

Convegno secondo giorno

Il secondo giorno, moderato dal Prof.Silvio Garattini, si apre con la presentazione delle “Linee guida della SINPIA” sulla diagnosi e terapia dell’ADHD.

 

Prof.Carlo Cianchetti

Presidente della Società Italiana di Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza

Nel prologo alla sua presentazione, il Prof.Cianchetti spiega le modalità che hanno portato la società a riunirsi, a lavorare sulle bozze e ad emanare le suddette linee guida, passo importante e fondamentale per la diffusione scientifica dell’ADHD in Italia. Il tutto si è svolto in modo molto economico, sfruttando la posta elettronica e, sulla base dei commenti ricevuto da parte delle numerose e diversificate personalità coinvolte, si è giunti ad una seconda bozza, rinviata per la conferma e poi deliberata dal CD della SINPI in data 24/6/2002.

La raccomandazione ministeriale che le Linee Guida che ricadano su più discipline siano stese da più società scientifiche non è stata seguita dal momento che l’argomento è molto specialistico, per cui interessa fondamentalmente i neuropsichiatri infantili. I criteri che sono stati adottati sono quelli prodotti dalla Accademia Americana di Pediatria.

Segue quindi la descrizione dei passaggi più importanti di queste linee guida, per la cui lettura si rimanda al sito dell’AIFA (www.aifa.it\lineeguida.htm).

 

 Carlo Pintor

Professore Ordinario di Pediatria,

Direttore del Dipartimento Scienze Pediatriche , Università di Cagliari.

Delegato del Presidente Società Italiana di Pediatria

Il principale problema è quello epidemiologico che deve essere affrontato a livello nazionale e con registri regionali. Urge la necessità che il NPI si faccia carico del bambino ADHD e si sottolinea il ruolo fondamentale del Pediatra di famiglia nel sospetto diagnostico e nel follow-up, in stretto accordo e unione con il centro di riferimento. Bisognerà investire culturalmente sulla famiglia, la scuola, la pediatria.

 

Bernardo Carpiniello

Professore Ordinario di Psichiatria, Università di Cagliari

Consiglio Direttivo della Società Italiana di Pscichiatria

La società esprime adesione e apprezzamenti sul documento di consensus e per il presente incontro, soprattutto alla luce dei pregiudizi e dell’ideologia che i media stanno trasmettendo. La SIP auspica che le organizzazioni possano anche partecipare a campagne di sensibilizzazione pubblica per l’uso nell’ADHD di tutte le terapie necessarie e di comprovata efficacia. Questo ci preme sottolinearlo perché noi, come psichiatri dell’adulto, vediamo gli esisti negli individui che non sono stati adeguatamente curati e seguiti in età pediatrica. Una parte di essi, infatti, non guarisce e per questo è auspicabile che anche gli adulti possano essere seguiti e identificati presso i Centro di Salute Mentale.

 

Carlo Calzone

Neuropsichiatra Infantile, Matera

Direttivo Nazionale “Associazione Culturale Pediatri”

I problemi che emergono sono legati alla scarsa preparazione culturale dei pediatri ma anche dei neuropsichiatri infantili. E’ su questo piano che dobbiamo giocare il nostro impegno. Oggi i principali problemi del bambino presso gli ambulatori pediatrici sono proprio quelli psichiatrici e psicologici e gli specialisti del bambino si trovano senza armi culturali a gestire questa pletora di problemi.

 

 

Franco Dessi

Pediatra di Famiglia, Narbolia, Oristano

Direttivo Nazionale “Centro Salute del Bambino”

 Approviamo il documento conclusivo e sottolineiamo l’importanza della relazione tra pediatra, scuola, centro.

 

Raffaele D’Errico

Pediatra di Famiglia, Napoli

Presidente Associazione Italiana Famiglie ADHD

Numerose le premesse già esposte dagli illustri colleghi. Mi preme in questa sede, però, sottolineare che l’ADHD non è un disturbo benigno. La recentissima “International Consensus Statement on ADHD” – sottoscritta da 85 professionisti di fama mondiale che hanno dedicato molti dei loro studi se non addirittura tutta la propria vita all’ADHD – ha sottolineato che non è un disturbo benigno ma che a coloro che ne sono affetti può causare problemi devastanti. Due anni di attività e di contatto con famiglie, medici e psicologi ci permettono di affermare che in Italia, nonostante l’ADHD sia il disturbo psichiatrico dell’età evolutiva più comune, la principale causa tra i disturbi della condotta e un importante fattore predittivo di insuccesso esistenziale, con una prevalenza nell’età scolare di circa il 4%:

  1. l’ADHD in alcuni contesti anche scientifici viene ignorato e in alcuni casi viene messo in dubbio la sua reale esistenza nosografica;
  2. l’ADHD è raramente diagnosticato per cui i genitori sono spesso additati come “incapaci di educare i loro bambini” o “colpevoli del loro comportamento altamente disturbante”;
  3. i bambini soffrono di sintomi secondari quali bassa autostima, ansia, aggressività che peggiorano con l’avanzare dell’età;
  4. un certo numero di adulti con ADHD non trattato in età evolutiva e adolescenziale, si trova a convivere con situazioni psichiatriche talvolta gravi e/o a vivere realtà sociali molto instabili e talvolta degradate;
  5. per ricevere una diagnosi spesso i genitori sono costretti a lunghi, estenuanti e costosi “viaggi della speranza” presso i pochi centri o specialisti che abbiano dimostrato esperienza;
  6. le terapie di comprovata efficacia (comportamentali, di parent-training, di teacher-training, farmacologiche a base di stimolanti) sono quasi sempre a totale carico dell’assistito e poco conosciute e praticate;
  7. in situazioni estreme e in vari contesti si abbiamo registrato con elevata incidenza gravi episodi quali:
  8. denunce penali e civili rivolte ai genitori;
  9. espulsione del bambino/ragazzo dall’istituto scolastico e/o dal circolo sportivo e/o dai corsi di catechesi;
  10. emarginazione dei bambini ADHD dal contesto scolastico o presa in carico da parte di insegnanti di sostegno incapaci di gestire la scarsa attenzione e l’iperattività dello studente;
  11. bocciature con maggior incidenza in prima elementare e prima media motivate da “mancato impegno” e/o “mancato raggiungimento dei requisiti minimi” in bambini/ragazzi con QI normale e grosso disturbo attentivo;
  12. separazione dei genitori a causa del comportamento e dell’educazione del figlio ADHD, spesso aggravato dalla presenza di un genitore affetto anche lui dal disturbo;
  13. maltrattamento fisico e psichico dei bambini ADHD;
  14. isolamento delle famiglie dal contesto sociale e familiare;
  15. importanti disturbi psicologici nei fratelli di bambini ADHD;
  16. consigli e terapie inutili, dispendiose e prolungate nel tempo alla famiglia e al bambino senza alcun beneficio (psicoanalitiche, di psicomotricità, dietetiche, farmacologiche e vitaminiche);
  17. gravi problemi in età adolescenziale, quali uso di sostanze stupefacenti, episodi di autolesionismo e “cattive compagnie” sono raccontati dai genitori di giovani adolescenti ADHD non trattati, spesso comorbidi e con ritardata diagnosi;
  18. abbandono/rinvio nei centri di bambini ADHD adottati.

 

L’AIFA Onlus con il suo Progetto ADHD “Parents for Parents”, a partire da questa realtà di sofferenza, incomprensione ed emarginazione che vivono i bambini italiani affetti da tale disturbo e le loro famiglie, si è proposta, sin dall’inizio, di aiutare i genitori con bambini che mostrano deficit d’attenzione e iperattività a superare queste incomprensioni e a trovare la strada giusta per intraprendere una diagnosi e una terapia per i loro bambini. In tale prospettiva l’AIFA è stata riconosciuta a livello internazionale come support group (associazione di gruppo e sostegno) e risulta presente per l’Italia nella rete e nella mappatura internazionale dei “support group” mondiali. All’Associazione e al suo Progetto hanno aderito moltissime famiglie da ogni parte d’Italia, con uno spirito di totale gratuità ed amore che ha permesso di:

  • creare una rete di genitori disponibili all’ascolto ed all’aiuto di genitori in difficoltà;
  • favorire la diffusione delle conoscenze scientifiche sull’ADHD e le sue terapie, contribuendo alla capillarizzazione delle risorse atte a favorire la diagnosi e il suo trattamento multimodale;
  • favorire il contatto, il dialogo e la coordinazione tra le varie strutture sanitarie, scolastiche e sociali e i loro rispettivi operatori coinvolti nella vita quotidiana del bambino ADHD;
  • creare una mappattura italiana di centri e di professionisti esperti nella diagnosi e nel suo trattamento;
  • coinvolgere e collaborare con Enti locali e Statali, Ministeri, Aziende Sanitarie Locali, Aziende Ospedaliere e Universitarie, Istituti privati, Società scientifiche, Associazioni Culturali e Onlus;
  • difendere i diritti dei bambini ADHD e delle loro famiglie per migliorare l’accettabilità sociale del disturbo e la loro qualità di vita.

 

Per tale motivo e alla luce di quanto sottolineato da professionisti esperti e genitori italiani, l’AIFA Onlus chiede di portare l’ADHD tra gli obiettivi prioritari di salute previsti dal Piano Sanitario Nazionale e dal Progetto Materno Infantile e a tal fine propone:

 

  1. Il riconoscimento scientifico dell’ADHD

L’AIFA ritiene che un passo fondamentale e preliminare sia quello del riconoscimento scientifico di questo disturbo da parte di tutte le categorie professionali coinvolte (pediatri, neuropsichiatri, neurologi, psicologi, logopedisti, insegnanti) operanti in ambito pubblico e privato e da parte dei media e dell’opinione pubblica.

A tal fine chiede che il Ministero della Salute, per il tramite di una Commissione scientifica da istituire (vedi punto 2), provveda:

  1. all’emanazione di linee guida comuni e specifiche per ogni categoria professionale, con riferimento ai protocolli diagnostici validati dalle comunità scientifiche al fine di identificare il corretto percorso assistenziale dei bambini con ADHD;
  2. a favorire con la massima urgenza, in considerazione della sostanziale assenza di testi base fondamentali e di manuali sull’ADHD in lingua italiana, tramite la Commissione, la traduzione in italiano di alcuni dei tanti testi scientifici scritti sull’ADHD e riconosciuti di capitale importanza dalle comunità scientifiche mondiali (dai manuali ai testi specifici sulla terapia cognitivo-comportamentale, sull’approccio farmacologico, sulla comorbidità, etc.);
  3. per la comprensione e l’approfondimento dell’ADHD da parte delle famiglie e degli insegnanti predisporre e diffondere opuscoli divulgativi rigorosi dal punto di vista scientifico, materiale audiovisivo da utilizzare nelle scuole e negli ambulatori e campagne di divulgazione attraverso i mass-media.

 

  1. L’istituzione di una Commissione scientifica presso il Ministero della Salute

Una commissione formata da valenti studiosi di ADHD e delle sue comorbidità (neuropsichiatri, neurologi, pediatri, psicologi, riabilitatori), nonché da rappresentanti di insegnanti e genitori per:

  1. formulare progetti di ricerca e di formazione nelle specifiche aree istituendo o sollecitando Corsi di formazione sull’ADHD per le varie categorie professionali interessate, con l’individuazione dei docenti, dei programmi e delle ore da dedicare;
  2. favorire la conoscenza, sul territorio nazionale, dell’ADHD (vedi punto 1);
  3. effettuare la mappatura dei Centri italiani specializzati attualmente esistenti, con l’individuazione delle città dove risultassero assenti e in tal caso favorirne l’attivazione presso strutture pubbliche, secondo prestabilite modalità e/o sulla base dell’esperienza di Centri già esistenti ed efficacemente operanti;
  4. effettuare indagini epidemiologiche a campione sul territorio nazionale;
  5. aggiornare i corsi di studi universitari e post-universitari;
  6. formulare test di screening valicati dalla comunità scientifica e affidati ai pediatri e agli insegnanti.

 

  1. L’istituzione di Centri Specializzati

La costituzione, Regione per Regione, di Centri specializzati nella diagnosi e nel trattamento dell’ADHD e delle sue forme comorbide, rappresenta una tappa fondamentale e sarà in grado di evitare che le famiglie affrontino il problema del trasferimento in regioni spesso assai lontane da quella di origine. Questi centri dovrebbero “abbracciare” il problema ADHD nella sua totalità anche con riferimento all’ADHD in età adulta, avvalendosi di clinici e psicologi esperti per la diagnosi differenziale dei disturbi con deficit di attenzione e/o iperattività e dell’apprendimento e per il trattamento multimodale, fino ad arrivare a considerare la necessità di psicopedagogisti in grado di interagire anche e soprattutto con la scuola.

 

  1. Il diritto alle cure

Considerati i gravi risvolti clinici, psichiatrici e psicologici di un soggetto ADHD non trattato e fatto diritto a tutti i cittadini italiani di ricevere tutte le cure necessarie e validate nel mondo scientifico per una determinata patologia, si chiede:

  1. di confermare e supportare il ruolo del Pediatra di famiglia per il sospetto diagnostico;
  2. di rendere disponibile e in convenzione per tutti la terapia cognitivo-comportamentale;
  3. di rendere disponibile e in convenzione i corsi di parent-training per i genitori;
  4. di rendere disponibile e in convenzione psico-pedagogisti disponibili al teacher-training nelle scuole;
  5. di rendere disponibile e in convenzione la terapia farmacologica in quelle forme che non rispondono alle misure comportamentali e con farmaci di prima scelta, prescritti da centri specializzati e adeguatamente formati, in grado di effettuare i follow-up previsti dai protocolli;
  6. l’approvazione e l’emanazione di una “Carta dei diritti delle Famiglie e dei Bambini affetti da ADHD”, la cui bozza è allegata al presente documento.

 

5. La formazione degli operatori

Parallelamente al riconoscimento scientifico dell’ADHD e al diritto alle cure, dovrebbero essere istituiti a livello nazionale con la massima garanzia di serietà, corsi di formazione a vari livelli e per le diverse categorie interessate all’ADHD, anche nell’ambito dei già esistenti programmi di formazione continua. Programmi, numeri di ore e docenti dovrebbero essere stabiliti dalla Commissione istituita presso il Ministero della Salute, in collaborazione con le Società scientifiche, sindacali, culturali e associative.

  1. Il supporto alle Associazioni e il sostegno ai genitori

La nascita di Associazioni soprattutto di genitori non è evento raro nella storia della medicina, atto a stimolare la ricerca scientifica e la diffusione delle conoscenze e il riconoscimento sociale di una determinata condizione morbosa.

Anche per l’ADHD negli ultimi decenni sono sorte nel mondo associazioni locali o nazionali di sostegno ai genitori, tra cui la più nota Children and Adults with ADD, CHADD, cresciuta fino ad un’organizzazione nazionale di oltre 40 mila membri.

Il supporto e l’appoggio delle società scientifiche e dei Ministeri quindi alla nostra, come ad altre analoghe associazioni, e la presenza delle stesse nell’Osservatorio della Salute dovrebbe costituire un impegno fondamentale.

  1. Fare comunità

Infine, riprendendo una frase formulata dall’On.Antonio Guidi, sottosegretario alla Salute, in occasione dell’incontro con l’AIFA il 20/5/2002, “facciamo comunità, perché anche la migliore terapia, il miglior farmaco se non ha dietro la comunità non serve o serve a poco!”, vogliamo stimolare tutti coloro che a pieno titolo si occupano o si vorranno occupare del bambino ADHD a stringersi, anche umanamente, attorno a questi nostri figli così difficili, perché si sentano sostenuti, concretamente aiutati e dalla collaborazione e dall’approccio multimodale possano trarre i migliori benefici a scapito di frettolose, prolungate e talvolta inutili terapie che potrebbero essere sostituite dalla presa in carico del bambino ADHD e della famiglia.

Silvio Garattini

Direttore Istituto Scienze Farmacologiche “Mario Negri” Milano

Conclude il convegno, dopo attenta lettura e revisione del documento finale da parte dei presenti, il Prof.Silvio Gatattini sottolineando quanto la CUF tenga a porre dei “paletti” per evitare che «si dia farmaco a tutti». Siamo doppiamente responsabili circa l’uso degli psicofarmaci in una società che non ha cultura ed è farmacocentrica.

Importante sarà definire i centri-regionali che dovranno prescrivere il farmaco come “ultima spiaggia”, dal momento che andiamo a somministrare uno psicofarmaco in un cervello in fase evolutiva. Bisognerà rafforzare il rapporto scuola-pediatra-centro e fondamentale sarà ottenere un piano terapeutico per la prescrizione farmacologica. Bisognerà anche capire chi potrà prescrivere oltre il centro di riferimento e prevedere dei registri regionali. Saranno fondamentali le Associazioni soprattutto per sostenere la ricerca che rappresenta un passaggio necessario per fornire salute.