========= AIFAnewsletter n. 169 anno VII del 02/07/2009 ===============
Notiziario sul Deficit d’Attenzione con Iperattività, disturbi e problematiche ad esso correlati, diffuso dall’Associazione Italiana Famiglie ADHD Onlus.

In questo numero:

1.CAMPUS ESTIVO PER BAMBINI ADHD A PRIM’ALPE
2.L’ANGOLO DELLA POESIA
3.STORIE VERE

4.RASSEGNA STAMPA

1
.CAMPUS ESTIVO 2009 “JUDO E AVVENTURA
A CAUSA DELLA RINUNCIA DI UN BAMBINO ABBIAMO ANCORA DISPONIBILITA’ PER UN POSTO
Una settimana a Prim’Alpe (sui monti tra Como e Lecco) 4 – 11 luglio 2009

chi volesse iscrivere il proprio figlio (TRA 11 E 14 ANNI) consulti la pagina sul nostro sito con tutte le informazioni (http://www.aifa.it/campusestivo2009.htm), oppure si rivolga immediatamente alla segreteria 
AIFA onlus email: segreteria @ aifa.ittel. 0761.508126 fax 06233227628
Ricordiamo che per la prima volta si offre ai bambini con diagnosi ADHD la possibilità di passare una vacanza avventuriera ma in totale sicurezza in un bellissimo ambiente immerso nella natura. I bambini saranno accuditi da maestri di judo, istruttori di tiro con l’arco e di arrampicata, loro aiutanti e volontari della nostra Associazione. Saranno presenti tre specialisti: neuropsichiatra infantile, psicologo, educatore professionale
AFFRETTATEVI...

2.L’ANGOLO DELLA POESIA
“VITA”
Come il sole appare al mattino,
quasi un attimo divino,
la vita nasce
in un gioioso respiro.

Simile ad un giorno celestino
procede sul suo cammino.
Nelle sue mani felicità e peccati,
amori persi e rinati.

Ma il giorno va ormai a finire
e come il sole già tramontato
la vita si spegne
in un perduto afflato.

L.M, 20 anni-ADHD

4.STORIE VERE
Una testimonianza positiva.
“Quest’anno, finalmente, per la prima volta, andremo in vacanza appena finita la scuola, senza patemi d’animo, senza studio incombente, senza debiti da recuperare.
Ebbene, sì, manca solo la conferma ufficiale (che credo non mancherà, a meno di impreviste levate di ingegno da parte dei professori), e poi potremo festeggiare il primo anno scolastico che termina con una promozione piena “al primo turno”!!! (nota: mio figlio ha terminato la 3.a Liceo Scientifico Biologico; non male per uno che, secondo gli insegnanti delle Scuole Medie avrebbe potuto frequentare solo una scuola professionale).
Desidero condividere con voi questo splendido risultato.
Lui ha dato prova di essere cresciuto tantissimo, nel corso di questo anno scolastico.
Non si tratta solo dei suoi quasi 17 anni (ad agosto), si tratta di una grande consapevolezza, di una voglia di farcela, di una grande determinazione che finalmente gli ha fatto alzare la testa e prendere in pugno la situazione.
Finalmente i lunghi anni di lavoro hanno dato i loro frutti: Adesso il ragazzo ha migliorato la sua autostima al punto da ritenersi degno di entrare nella top-ten dei compagni di classe più bravi (sono parole sue!).
Ora ci tiene moltissimo a prendere bei voti e sa che questo è possibile.
Ora sa che il suo impegno viene premiato con i risultati. Sa di avere delle difficoltà di attenzione, ma sa come gestire le sue lacune e le sue mancanze.
Abbiamo avuto la fortuna di trovare una splendida ragazza che gli ha fatto da tutor per tutto quest’anno, spronandolo, incitandolo, consolandolo e soprattutto caricandolo tanto e facendogli capire che il suo livello di studio era adeguato: doveva solo crederci anche lui. Lo ha aiutato nella comprensione di quanto andava smarrito a scuola per colpa della disattenzione, e lo ha aiutato a ripetere e memorizzare.
Tutto questo gli ha consentito un migliore rapporto con i compagni di scuola, e con gli amici dell’oratorio, che ha frequentato per tutto l’anno e che continuerà a frequentare come animatore per tutta l’estate. Quindi anche la sua crescita personale ha fatto grandi passi.
Ora comincia anche ad uscire la sera con gli amici. Non ne ha molti e sono amicizie superficiali, ma piano piano, anche in questo campo, credo che cominceremo a vedere i frutti del suo lavoro.
Se c’è un messaggio che voglio passare agli altri genitori è: non arrendersi mai!
Lettera firmata da una mamma
15 giugno 2009
Ndr: e l’Aifa Onlus si aggrega a questo messaggio : NON ARRENDERSI MAI!

6. RASSEGNA STAMPA
ARTICOLI SI:
Bambino problematico in classe, garantito l’insegnante di sostegno
e.t.
Il bimbo è tornato a scuola, dopo alcuni giorni di malattia, e ha trovato l’insegnante di sostegno, la stessa maestra che aveva l’anno scorso e con la quale aveva instaurato un rapporto molto bello. La direttrice didattica della elementare di Mestre interessata un paio di settimane fa da uno sciopero dei genitori di una classe, è riuscita dunque a trovare l’insegnante di sostegno e a spendere i 192 euro che erano stati messi a disposizione dall’Ufficio scolastico provinciale; non una grande cifra (perché per coprire tutti i giorni mancanti alla fine dell’anno ci sarebbero voluti circa mille euro) ma comunque meglio di niente, sufficiente a garantire 6 giorni di maestra per il bambino che soffre di una sindrome da deficit di attenzione ed iperattività. La settimana scorsa, non vedendo arrivare l’insegnante nonostante appunto i soldi fossero stati stanziati, i genitori erano tornati a mobilitarsi minacciando un’altra protesta, questa volta una manifestazione davanti alla scuola del centro di Mestre; anche perché da due anni stanno segnalando la situazione di disagio, dato che il bimbo, oltre a non essere adeguatamente seguito, impedisce ai compagni di seguire le lezioni: «Noi vogliamo che a quell’alunno siano garantite le stesse opportunità che hanno i suoi compagni di classe, e che agli altri bambini non sia impedito i seguire la scuola» dicevano i genitori.
La direttrice didattica è intervenuta spiegando che da tempo sta seguendo il caso per cercare di affrontarlo al meglio: ricorda che il Comune all’inizio non è intervenuto perché l’alunno non era certificato dall’Ulss, che quest’anno le sue condizioni si sono aggravate e che, finalmente, l’Ufficio scolastico provinciale ha trovato un po’ di soldi, ma che è stato difficile reperire un insegnante «nelle graduatorie ormai esaurite anche negli Istituti vicini. Tuttavia, continuando a cercare tra il personale non di ruolo ed a tempo determinato, siamo riusciti a garantire la presenza di insegnanti precari e in part time anche da altra Direzione didattica, ma con precedente conoscenza dell’alunno, assicurando così al bambino la completa copertura delle ore di presenza a scuola, compresa la visita d’istruzione prevista».
Ormai manca poco più di una settimana alla fine dell’anno scolastico e, dunque, non dovrebbero più esserci problemi perché l’insegnante di sostegno dovrebbe essere garantita praticamente fino alla fine, ma i genitori pensano già all’anno prossimo perché non vorrebbero ritrovarsi nelle stesse condizioni: «E non ci va bene nemmeno il fatto che il prossimo anno sarà assegnato un accudiente al bimbo che ha problemi, perché è solo una persona che dovrà controllarlo, e invece ha diritto ad un insegnante». La direttrice didattica spiega che «la situazione è complessa, e ciascuno per la propria parte ha cercato e cerca di rispondere al meglio alle esigenze presentate, ma la scuola richiede oggi maggiori risorse ed autonomia, oltre ad un intervento realmente sinergico da parte di tutti gli Enti preposti a garantire il diritto allo studio»; e conclude affermando che i genitori non se la devono prendere con i responsabili «che non disattendono certo i problemi dell’utenza, ma necessariamente si devono muovere entro vincoli normativi e finanziari inderogabili».
29/05/2009 Il Gazzettino Pag. 7
VENEZIA
Ndr: …. Soffermiamoci solamente sulle parole “…a garantire il diritto allo studio…” e ci domandiamo fino a quando devono essere sempre i genitori a mobilitarsi per poter garantire questo diritto al loro figlio ?

Psichiatria infantile Bilancio a 2 anni dall’istituzione del Registro Adhd
Bambini iperattivi: nessuna corsa agli psicofarmaci
Ancora carenti però gli aiuti educativi e formativi La diagnosi L’ Adhd ha più sfumature e spesso è accompagnata da altri disturbi: difficile diagnosticarla
Daniela Natali
La temuta corsa agli psicofarmaci non c’è stata. A due anni dal rientro in commercio, in Italia, del Ritalin, psicostimolante utilizzato per l’Adhd, la sindrome da deficit di attenzione e iperattività, i minori in cura con questo farmaco (o con l’altro farmaco d’elezione: l’amoxetina) sono 1090. In Italia l’utilizzo di questi farmaci è legato ai vincoli previsti dal Registro nazionale per l’Adhd, istituito nel giugno 2007, che raccoglie tutti i dati relativi ai bambini trattati, alle cure che ricevono (non solo farmacologiche) e agli effetti collaterali. Un sistema che l’Emea, l’Agenzia europea per i medicinali, ha proposto come modello a tutti i Paesi dell’Unione. Ma 1000 bambini in trattamento sono pochi rispetto ai dati internazionali sulla diffusione della patologia, in Italia il problema è meno grave che altrove? O è una questione di sottodiagnosi? «I minori approdati ai Centri regionali sono stati circa il doppio di quelli poi inclusi nel protocollo, ma ci attendevamo cifre ben maggiori, circa 70 mila domande, calcolando che l’Adhd si presenterebbe nell’1% dei minori – risponde Maurizio Bonati
del Laboratorio per la salute materno infantile del Mario Negri di Milano -. Certo la sindrome da Adhd è difficile da diagnosticare, ha varie sfumature e, nell’80% dei casi, si presenta accompagnata da altri disturbi come ansia e depressione. Va anche detto che la grande maggioranza delle segnalazioni non è giunta da medici, o dalla scuola, ma dai genitori».
Un ruolo, quello dei genitori, confermato da una recente indagine svolta in Germania, Spagna, Gran Bretagna e Italia dalle associazione di genitori. In Italia, si è visto che la ricerca di consulenze specialistiche nasce direttamente dai genitori nel 52% dei casi e che l’arrivo a scuola è il momento “critico” che fa scattare la richiesta di aiuto.
Dai dati del Registro emerge però che gli interventi psicologici non sono stati completi e che l'”offerta” (dal counselling per i genitori alla terapia cognitivo-comportamentale per i bambini) varia molto da Centro a Centro. «Le risorse sono poche e le ore necessarie tante, solo per fare diagnosi di Adhd ne servono dieci – commenta Bonati -. Eppure siamo tutti convinti che il farmaco non debba essere la prima risposta, ma sia da prescrivere dopo aver verificato che l’approccio psicologico non basta». E secondo stime riportate dall’Iss la terapia psico-educativa funziona nel 34% dei bambini e solo nel restante 66% va dunque aggiunta una cura farmacologica (a sua volta efficace nel 34% dei casi). Cura che negli Usa e in alcuni Paesi europei si avvale anche di preparati che consentono un rilascio lento dei farmaci in modo da modularne l’effetto e da aver il massimo della resa nelle ore più critiche, quelle scolastiche, evitando però al bambino di assumere pastiglie in aula.
«Va chiarito che le cure farmacologiche non tarpano le ali alla creatività dei bambini iperattivi ma, al contrario, li possono aiutare ad esprimere al meglio tutte le loro potenzialità senza essere sempre distratti e travolti da mille stimoli. E aiutare i bambini significa aiutare tutta la famiglia che è pesantemente coinvolta dall’Adhd – puntualizza Renato Donfrancesco, del Centro di riferimento regionale per l’Adhd “La Scarpetta” di Roma -. Se altrove, e penso all’America, si tende a diagnosticare l’Adhd anche a chi non ce l’ha, arrivando a una prevalenza dell’8%, qui da noi il problema è opposto: c’è da parte di pediatri e psicologi una sottovalutazione o una non conoscenza del problema».
In un recente convegno a Vienna si è sottolineato che l’Adhd può non risolversi con l’età. Cure a vita, dunque? «Nell’80% dei casi, l’iperattività scompare dopo i 14-16 anni – risponde Donfrancesco – ma è importante che venga trattata per tempo per evitare che si instaurino depressione, forme ansiose o comportamenti a rischio per sé e per gli altri».
I sintomi Questi i segnali che possono far sospettare l’Adhd
Iperattività, disattenzione, impulsività
Debbono essere significative, presenti in più momenti della giornata e in più ambiti: deve cioè esserci una disattenzione visiva, ma anche uditiva; un’iperattività che coinvolge il movimento, ma anche la parola e così via.
In luoghi diversi
Queste caratteristiche debbono manifestarsi in più contesti, per esempio, sia a scuola sia a casa.
Precocità
I “sintomi”compaiono prima dell’età scolare.
Pervasività
I “disturbi” sono così pervasivi da turbare la vita quotidiana e da rendere difficili i rapporti con gli altri, compagni compresi.
31/05/2009 Corriere della Sera Pag. 53
ED. NAZIONALE
Ndr: sì, lo sappiamo…. ne abbiamo già parlato… ma la stampa nazionale riporta questo messaggio e ci sembra bello poter condividere le notizie importanti e positive!

Lo scienziato in famiglia
Ragazzi, per studiare non fatevi aiutare dai farmaci: la loro efficacia è un’illusione
Per preparare gli esami, molti studenti provano pillole e sostanze strane, convinti che aiutino la memoria: si tratta di medicine di non provata attività clinica. Anzi, spesso rischiano di procurare danni alla salute
Silvio Garattini
Per molti ragazzi è tempo d’esami. Studiano e cercano di trovare il modo per tenersi su. E, in una società maniaca del farmaco, succede che siano in tanti a pensare alla ‘scorciatoia che aiuta”. In realtà, come vedremo, la loro efficacia è soltanto un’illusione. Le mamme d’altri tempi si limitavano a sbattere rossi d’uovo con lo zucchero al mattino, poi sono venuti i preparati di sostanze organiche contenenti fosforo: si pensava in questo modo di migliorare le funzioni cerebrali. E infine sono arrivate altre sostanze sicuramente fonte di grande pericolo per la salute. In realtà, le farmacie sono piene di prodotti che promettono benessere e migliori prestazioni. “Integratore alimentare” è la nuova versione dei ricostituenti con un pizzico di “novità”. Infatti accanto alle vitamine, agli aminoacidi e ai minerali si aggiungono prodotti naturali, perché il naturale è di moda e da l’impressione di cose buone. Si tratta in verità di estratti vegetali che vantano proprietà di discutibile efficacia. Fra gli estratti vegetali ve ne sono alcuni come il ginkgo biloba e lo hipericum che sono propagandati specificamente come attivatori delle funzioni cerebrali. Al mattino prima degli esami, una volta si prendeva una tazza di caffè: oggi la stessa caffeina (a dosi relativamente elevate) si ritrova invece nelle bibite energizzanti oppure insieme ad altri intrugli nei cosiddetti “smart drinks’. In questi prodotti sono spesso utilizzati farmaci che promettono di aumentare le funzioni cognitive: si chiamano nootropi. Il prototipo è rappresentato dal piracetam, un farmaco che il Servizio Sanitario Nazionale ha posto nella fascia C del Prontuario farmaceutico nazionale, per una non provata attività clinica. La memoria è un altro bersaglio favorito, non solo dagli studenti. È difficile da raggiungere, anche se non mancano miscugli di sostanze varie che promettono miracoli e di cui sono piene le farmacie. L’amfetamina, una volta nota con il nome di simpamina, rappresenta un altro prodotto noto agli studenti: è uno stimolante e molti credono che possa attivare le funzioni cognitive. In realtà le cose vanno diversamente perché lo stimolo da una sensazione di sicurezza cui però non corrisponde una capacità di reazione adeguata anche sul piano culturale. Fra l’altro l’amfetamina è molto difficile da dosare, a causa della grande variabilità individuale. Se si assume in tempi troppo vicini all’esame, si rischia la confusione; se viene utilizzata in tempi più lontani, si rischia di andare all’esame nella fase della depressione con tutte le conseguenze del caso. Il metilfenidato è un debole stimolante che viene utilizzato nei bambini per il deficit d’attenzione e l’iperattività. È possibile che il termine “attenzione” abbia fatto sognare utili applicazioni durante l’esame, ma non si deve dimenticare che, se funziona, agisce in soggetti portatori di una patologia. Anche la cocaina è ereditata di un’azione anti-fatica e stimolante, ma si tratta di un prodotto che può dare anche allucinazioni ed è devastante per il cervello. Tra i sedativi occorre ricordare l’impiego dei tranquillanti, ma attenzione, perché questi farmaci diminuiscono le capacità mnemoniche. Sembra aver avuto successo, a giudicare da quanto riferiscono gli studenti, l’impiego dei farmaci antidepressivi, quelli che agiscono prevalentemente sulla serotonina cerebrale. Non si capisce, in realtà, quale sia la motivazione. Forse perché chi non ha studiato e si deve presentare a un esame si può sentire un po’ depresso? Per chi vuoi studiare fino all’ultimo momento vi sono i farmaci che determinano insonnia, ma c’è poi il rischio di addormentarsi durante l’esame. Per concludere: la cosa più utile per superare gli esami è semplicemente quella di studiare.
01/06/2009 Gente Pag. 26
N.23 – 9 GIUGNO 2009

ARTICOLI NO:
Cultura ADHD – Una voce critica
“Nessuna lesione, nessuna malattia”: è l’argomento motore della campagna attivata da “Perché non accada”, un’associazione che propone di demedicalizzare i comportamenti scolastici dei bambini e degli adolescenti
a cura di Sergio Soriani
L’ADHD ovvero il “Disturbo da deficit di attenzione/iperattività” sta alimentando un dibattito sempre più esteso e articolato in merito all’opportunità di somministrare psicofarmaci ai bambini. Esistono posizioni differenziate che si distribuiscono lungo un continuum che va dall’estremo di chi è assolutamente favorevole all’altro estremo di chi è totalmente sfavorevole. Sempre in tema di ADHD esiste poi un altro piano critico. È situato a un livello più profondo perché riguarda le basi stesse dell’approccio e la sua legittimità: è giusto medicalizzar e psichiatrizzare i comportamenti scolastici dei bambini e degli adolescenti somministrando test psicopatologici? A questa domanda la campagna “Perché non accada” risponde con un “no” forte e chiaro seguito da una serie di iniziative coerenti. Per approfondire il punto di vista e le attività di “Perché non accada” Il Pediatra ha intervistato Roberto Cestari, medico internista e direttore scientifico della campagna stessa. Dottor Cestari, che cos’è “Perché non accada”? “Perché non accada” è il nome della campagna che stiamo sostenendo; sin dal suo esordio e ancor oggi vi sono varie associazioni che la portano avanti. Il tema della campagna viene normalmente interpretato come “No agli psicofarmaci ai bambini”, ma è un equivoco. La somministrazione di psicofarmaci ai bambini è un aspetto interessante e importante, ma non è il nostro obiettivo. Per dirla con un’analogia forse brutale, ma credo efficace, noi non ci concentriamo sul problema delle pallottole o delle armi, ma del perché di punto in bianco si sia scatenata una guerra. La metafora significa che ci occupiamo del fatto che siano emerse all’improvviso nuove malattie e terapie per curarle. Tra queste nuove malattie la più conosciuta e “propagandata” è l’ADHD. Secondo voi l’ADHD sarebbe una “patologia irreale”? Perché? Noi contestiamo anzitutto il fatto che si possa affermare che esista una malattia senza darne alcuna prova scienti ca. Partendo dalla nozione di malattia fissata da Rudolf Wirchow, il pioniere dell’istologia moderna, secondo noi l’unica scientificamente corretta e valida, diciamo: perché vi sia una malattia occorre che vi sia una lesione. Nel caso dell’ADHD la lesione non c’è e quindi non vi possono essere né la diagnosi né ovviamente la terapia. Sarebbero quindi “irreali” il comportamento inadeguato, le difficoltà di apprendimento e di relazione dei bambini a scuola ? È proprio questo l’errore. I comportamenti non sono lesioni e non lo possono essere. Le lesioni si manifestano in medicina come segni dai risvolti obiettivi appunto in quanto misurabili. I comportamenti, invece, sono sintomi che vengono classificati in modo qualitativo secondo definizioni che, in ultima analisi, dipendono dai criteri prescelti i quali a loro volta sono necessariamente opinabili. Inoltre c’è un altro elemento di errore. Quale? Confondere i sintomi con i segni, i comportamenti con le lesioni equivale a scambiare gli effetti per le cause. Secondo l’approccio che ispira lo schema diagnostico dell’ADHD i comportamenti che deviano da uno standard precostituito vengono raggruppati e ricondotti a un’unica causa, dimenticando che il comportamento umano ha matrici talmente complesse tanto che possiamo avere l’identico comportamento per cause totalmente differenti. I fautori di questo schema diagnostico invece affermano, partendo dall’effetto ovvero dal presunto comportamento che devia dallo standard, che a monte esiste una malattia specifica di origine genetica, trattabile con gli psicofarmaci e/o con la psicoterapia cognitivo-comportamentale. Il punto è che non viene dimostrato il nesso univoco e necessario tra la lesione e la causa. In questo modo si impone il concetto di malattia intesa come deviazione dalla norma. I comportamenti abnormi però esistono… Non siamo certo noi a negarlo. Esistono i comportamenti anomali ed eccessivi dei bambini a scuola come in famiglia ed esistono anche le difficoltà di apprendimento. Questo è fuori discussione. Il punto è che questi comportamenti anomali e queste difficoltà di apprendimento non sono malattie. Sono comportamenti anomali e difficoltà da apprendimento da assumere e trattare come tali. Ammettiamo che vi sia un bambino troppo attivo. È troppo attivo perché i genitori non vanno d’accordo? O perché i bulli lo aspettano fuori della scuola? In questi casi non parliamo di malattia: la sua iperattività deriva cause esterne identificabili, non bio-genetiche. Se però non riusciamo a scoprire la causa, allora sulla base della sua irrequietezza noi costruiamo una diagnosi di ADHD. Ma non è una vera diagnosi. È invece un’etichetta che adoperiamo perché non sappiamo risalire alla vera causa. Se poi parliamo di disturbi dell’apprendimento, pensiamo forse che solo oggi esistono bambini che hanno difficoltà di calcolo, di lettura e di scrittura? È un fenomeno antico quanto la scuola stessa e nessuno prima di oggi ha mai tirato in ballo le malattie né scomodato la scienza. Idem per la distrazione. Semplicemente esiste la variabilità individuale per cui esistono bambini più o meno inclini ad apprendere e a concentrarsi. Un conto è dare a tutti le stesse opportunità, è un principio ineccepibile. Tutt’altro conto è pretendere che tutti siano uguali ed esprimano le stesse prestazioni scolastiche e per giunta in modo uniforme. È un’interpretazione fortemente distorta del giusto principio di uguaglianza delle opportunità. La critica sul versante epistemologico è chiara, ma se i comportamenti anomali non sono malattie è pur vero che possono compromettere l’adattamento del bambino a scuola: quali soluzioni proponete? Il comportamento vivace e distratto dei bambini e l’approccio di chi pretende di curarlo sulla base di una patologia “inventata” hanno un effetto diretto sulle vite dei bambini e di riflesso su quelle delle famiglie e sulla stessa vita scolastica. Rispetto alle soluzioni, sono due: responsabilità e buon senso. Responsabilità e buon senso da parte dei genitori e degli insegnanti che devono ritornare a prendersi cura dei problemi che possono investire i bambini in famiglia come a scuola, ricostruendo caso per caso i motivi che li determinano, senza ricorrere alla facile e nota scorciatoia di deficit neuropsichiatrici individuati secondo protocolli diagnostici fabbricati ad hoc. Vale in particolare per gli insegnanti i quali devono o dovrebbero contrastare questo processo che rischia molto concretamente di stravolgere la missione propria della scuola, che è quella di insegnare. Perché verrebbe stravolta la missione propria della scuola? Perché utilizzando tecniche di marketing in veste scientifica si tende a trasformare la scuola da luogo di insegnamento a luogo dove si reclutano pazienti. Somministrare test psicopatologici nelle scuole e da quelli estrarre possibili diagnosi neuropsichiatriche per poi indirizzare i soggetti diagnosticati come “ammalati” a terapie farmacologiche e psicologiche significa essenzialmente questo. Ecco perché la questione degli psicofarmaci ai bambini è un aspetto parziale. È invece centrale concentrarsi sulla questione di fondo e agire di conseguenza. Quali iniziative mette in campo “Perché non accada?” Facciamo periodicamente conferenze e informazione all’interno di molte scuole. Poi facciamo attività di informazione rivolta al grande pubblico perché alla ne è proprio il grande pubblico che deve sapere, non solo i medici, i pediatri, i neuropsichiatri infantili e gli insegnanti. Conferenze e opuscoli insistono prima di tutto sull’elemento fondamentale: l’ADHD non è una malattia. Su questa base poi innestiamo ulteriori iniziative specifiche.
Insistiamo in particolare anche a livello istituzionale e legislativo su due punti. Primo, che l’eventuale somministrazione di psicofarmaci ai minori avvenga solo tramite il consenso informato scritto. Ci sembra l’obiettivo minimo. Secondo, che vengano proibiti i test psicopatologici nelle scuole. La Regione Piemonte e la Regione Trentino hanno recepito le nostre istanze: in queste due regioni è vietato somministrare i test psicopatologici nelle scuole.
08/06/2009 Il Pediatra Pag. 58
FEBBRAIO 2009
Ndr: il commento di una mamma: “sembra che non conoscano affatto un bambino con ADHD, magari con un bel disturbo oppositivo provocatorio o con tutte le difficoltà di apprendimento…. Vogliamo invitarli a vivere in casa nostra per qualche ora?… J “

ARTICOLI DI INTERESSE MEDICO
da Psiche e Soma: Allenare la mente può modificare la chimica del cervello! 14 maggio, 2009
I ricercatori del Karolinska Institutet (Università di Medicina svedese) hanno mostrato per la prima volta che l’allenamento della memoria di lavoro (sovrapponibile concettualmente alla memoria a breve termine) determina cambiamenti visibili nel numero dei recettori della dopamina nel cervello umano. Gli studi sono stati pubblicati sulla rivista medica “Science”, sono stati condotti con l’aiuto della PET che ha fornito una comprensione più profonda della relazione tra l’aspetto cognitivo e la struttura biologica del cervello.
“La biochimica del cervello da sola non è sufficiente nella comprensione della nostra attività mentale; i nostri processi mentali possono anche interessare la biochimica,” dice il professor Torkel Klingberg, responsabile dello studio, “questo non è però mai stato dimostrato in passato, ci troviamo di fronte ad un territorio scientifico ancora da approfondire.”
Il neurotrasmettitore Dopamina gioca un ruolo chiave in molte funzioni del cervello. L’interruzione del sistema della Dopamina può produrre danni alla memoria di lavoro, può rendere più difficile ricordare delle informazioni anche dopo un periodo molto breve dall’acquisizione della stessa informazione, inoltre si riscontrano significativi problemi nei processi di problem solving. L’alterazione del funzionamento della memoria di lavoro è stata dimostrata come un fattore determinante nei danni cognitivi e nei disordini come ADHD e schizofrenia.
Il professor Klingberg ed i suoi colleghi hanno dimostrato che la memoria di lavoro può migliorare attraverso un allenamento intenso di alcune settimane. Con un progetto condotto nello Stockholm Brain Institute, i ricercatori stanno portando avanti un ulteriore analisi sul cervello usando la tomografia a emissione di positroni (studi sulla PET) ed hanno confermato che l’allenamento intenso del cervello conduce ad un cambiamento nel numero dei ricevitori della dopamina D1 nella corteccia.
I loro risultati possono essere di importanza vitale per lo sviluppo di nuovi trattamenti per i pazienti con i danni cognitivi, come quelli relativi a ADHD, alla sindrome cronica di affaticamento ed all’invecchiamento.
“I cambiamenti nel numero dei ricevitori della dopamina in una persona non forniscono la chiave per capire lo stato della memoria “dice il professor Lars Farde, uno dei ricercatori che hanno partecipato allo studio. “Dobbiamo chiederci anche se le deficienze possono essere causate da una mancanza di allenamento della memoria o da altri fattori ambientali. Forse potremo trovare nuovi, più efficaci trattamenti che uniscono il farmaco e l’addestramento cognitivo, in quel caso saremmo approdati a risultati veramente importanti.”
Dott. Daniele Aprile
Commento del dott. Samuele Cortese:l’ articolo e’ interessante e la fama della rivista che lo ha pubblicato ne garantisce il rigore metodologico….apre sbocchi interessanti per il futuro… solo una precisazione: deficit delle funzioni esecutive non e’ uguale a ADHD…quindi prudenza sempre nel generalizzare!
 Samuele Cortese, M.D., Ph.D.
Child Neuropsychiatrist
Post Doc Researcher
Child Neuropsychiatry Unit
Mother and Child, Biology and Genetics Department
Verona University