Scuola disattenta

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Scuola disattenta

Un’osservazione e una riflessione sui climi organizzativi e sui problemi della motivazione in ambito scolastico in relazione a bambini iperattivi/disattenti e con difficoltà di apprendimento

di Domenico Nardella – pag. 55

Edizioni A.I.F.A. Onlus

Esaurito

Descrizione

Prefazione

Un’entità intangibile si trova all’interno della scuola, un problema tanto reale quanto impercettibile e spesso innominabile.
L’ADHD (Attention Deficit Hyperactivity Disorder), ovvero “disturbo da deficit di attenzione e iperattività”, rappresenta in Italia un problema socio-sanitario spesso sottovalutato o ignorato, che si presenta frequentemente in comorbidità a disturbi specifici dell’apprendimento.
Gruppi di ricerca italiani segnalano una frequenza di ADHD pari al 4% della popolazione in età scolare; si potrebbe affermare che mediamente in ogni classe di 25 alunni c’è un bambino con ADHD. Eppure troppo spesso il problema rimane completamente ignorato, la diagnosi è tardiva, gli interventi spesso ancor più tardivi oppure inadeguati e non coordinati.
Il problema si manifesta con un’evidente difficoltà del bambino a mantenere l’attenzione e la concentrazione per un periodo di tempo sufficientemente prolungato, atto a favorire un apprendimento adeguato (pur possedendo eccellenti capacità intellettive). Si possono inoltre riscontrare aspetti di iperattività e impulsività, con difficoltà di autocontrollo in ambito sociale e nelle relazioni interpersonali.
La scuola, ma anche i servizi sanitari delle Asl, spesso penalizzati da precarietà del personale e sovraccarico di lavoro, mostrano una inadeguatezza nel far fronte al problema, con situazioni non solo di inefficienza ma, spesso, anche di impostazione teorica superata e preconcetta, con l’attribuzione della causa del disturbo a problemi relazionali all’interno della famiglia.
Il contesto in cui evolvono le relazioni fondamentali per il soggetto ADHD e con difficoltà di apprendimento è la scuola, dove gli insegnanti si trovano ad affrontare la situazione senza adeguati strumenti culturali per capire e spesso senza un supporto tecnico ed emotivo che sostenga il loro intervento.
Di fatto l’insegnante agisce comunque, anche solo per il fatto di essere in prima battuta col bambino ADHD, perciò il suo fare o non fare sarà cruciale per il destino e il futuro personale e scolastico dell’alunno. Si determina così una grande responsabilità, che gli insegnanti affrontano a volte inconsapevolmente, a volte con coscienza e giustificato timore, a volte con successo e pazienza e grande impegno personale.
Spesso l’insegnante è la prima persona che può rendersi conto del problema e segnalarlo ai genitori o ai servizi sanitari. A volte è l’insegnante che deve spingere i genitori, che negano il problema, a prendere contatto con i servizi per la definizione diagnostica; in altri casi avviene che i genitori siano ben coscienti del disturbo e si trovano di fronte una scuola che non comprende il problema.
In genere la scuola italiana è gravata da un ritardo di formazione su questo argomento. Gli insegnanti lungo il loro percorso formativo ricevono scarse informazioni persino sugli argomenti di base come i modelli normali di apprendimento della lettura e della scrittura.
Negli ultimi anni vi è stato un grande progresso nelle scienze cognitive che ha permesso di formulare dei modelli di riferimento per i meccanismi cognitivi sottostanti il problema ADHD, ma tali conoscenze hanno avuto una scarsa penetrazione nel mondo della scuola e quindi una scarsissima applicazione sul piano didattico.
Il bambino ADHD mette in crisi nel senso comune gli insegnanti: è un bambino che appare intelligente, vivace, eppure non impara. Se non impara deve essere poco intelligente oppure non si impegna, è uno scansafatica: questa è la conclusione che si trae, in entrambi i casi sbagliata. Ma capire perché è sbagliata esige che si sappia precisamente che cos’è l’ADHD, cioè una disfunzione prevalentemente neurobiologica, che può essere completamente spiegata solo nell’ambito di un modello causale di tipo neuro-psico-pedagogico e sociale.
L’insegnante deve essere in grado di modificare il proprio approccio culturale, pratico e motivazionale nei confronti del bambino ADHD, e questo significa rivedere il proprio modello didattico, valutativo e motivazionale. La didattica per il soggetto ADHD richiede, oltre a una grande flessibilità in funzione delle caratteristiche individuali, un atteggiamento che coinvolge le procedure implicite della relazione educativa e che perciò va molto oltre l’informazione esplicita che il docente può avere acquisito sul problema.
Spesso gli insegnanti sono alla ricerca di una “ricetta”, di una prescrizione pratica sulle cose da fare e da non fare con il bambino ADHD. Pur se importante questo non basta: l’ambiente fondamentale del bambino ADHD rimane la scuola; è dalla scuola che si gioca il suo destino educativo.
Il problema, al di là della diagnosi, non può essere delegato ai servizi sanitari che, comunque, dovranno fare la loro parte, né alla sola insegnante di sostegno nel caso che esista, e che deve essere adeguatamente preparata.
La ricetta miracolosa non esiste; la soluzione deve essere cercata pazientemente caso per caso, attraverso un intervento multidisciplinare e sinergico, sapendo che il problema ADHD è una caratteristica costituzionale dell’individuo e non potrà essere cancellata con qualche esercizio di riabilitazione. È importante quindi che gli insegnanti sentano questa responsabilità in termini di consapevolezza e motivazione per impegnarsi in prima persona nella gestione del bambino ADHD; e che tengano presente che forse hanno già incontrato un bambino ADHD, anche se non è stato ufficialmente diagnosticato.
La formazione in questo settore richiede un grande impegno di forze, disponibilità e amore per il proprio lavoro e per i bambini, ed in particolare la capacità di tradurre il passaggio delle informazioni in atteggiamenti e comportamenti pedagogici conseguenti. Bisogna creare già nei primi anni di scuola un clima favorevole, fatto di comprensione, disponibilità e rispetto, dove ogni bambino si senta accolto e valorizzato. Ciò si traduce, altresì, in un clima di costante collaborazione tra gli attori dello scenario in cui il bambino vive: la famiglia, la scuola, i servizi sanitari e di riabilitazione. Attori che oggi sovente non dialogano o sono ancorati su logiche di contrapposizione negativa.
Questa contrapposizione negativa è descritta con amarezza da molti genitori e si ripercuote sulla situazione del bambino ADHD. Gli insegnanti non capiscono il problema e accusano il bambino o la famiglia; i genitori accusano la scuola o i servizi sanitari per l’incapacità di risolvere il problema; allora anche gli operatori dei servizi, che dovrebbero essere in più equilibrati, finiscono con l’accusare scuola e famiglia. In questa dinamica negativa si cerca costantemente di riversare la colpa sugli altri per il fatto che il bambino è ADHD, cosa di cui in realtà nessuno ha colpa, essendo l’ADHD un fatto biologicamente determinato.
Creare una nuova cultura sul problema ADHD è l’unico modo per modificare questi atteggiamenti negativi e per arrivare ad un clima di costante collaborazione che accompagni il bambino durante il suo difficile itinerario nella scuola e poi nella vita.
Creare una nuova cultura significa innanzi tutto creare sinergie e un linguaggio comune fra scuola, operatori e famiglie. Tutto ciò si determina attraverso una ridefinizione personale/professionale e contestuale dell’insegnante e del clima “scuola”, che trascende ogni pur valida tecnica didattica e psicopedagogia. Quindi con una visione del ruolo dell’insegnante come agente di cambiamento, per una evoluzione positiva del clima organizzativo della scuola e della classe, presupposto fondamentale in ogni relazione.
L’auspicio è che questo libro, indirizzato potenzialmente ad un pubblico molto vasto (insegnanti, dirigenti scolastici, operatori, educatori, genitori), possa essere una stimolante lettura per una riflessione permanente del mondo dell’insegnante e dell’organizzazione scolastica soprattutto in relazione a questi bambini in difficoltà.

Informazioni aggiuntive

Peso 0,158 kg

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